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Giudaismo e giudaismi

 
Il 70 e.v. (anno della distruzione del tempio) è una data molto importante ed è considerata la data di nascita dell’ebraismo rabbinico, perché segna di fatto il determinarsi di particolari condizioni storiche che hanno fatto sì che fra le varie tendenze, presenti fino a quella data nell’ebraismo, una prevalesse sulle altre.
- Prima del 70 e.v. all’interno dell’ebraismo possiamo rilevare tendenze alquanto diverse tanto che alcuni autori parlano in questo periodo di giudaismi e non di Giudaismo (perché caratterizzati da più di un tipo di giudaismo). Potremmo sintetizzare così le tendenze del giudaismo diffuse prima del 70 e.v.:

 

1) Giudaismo del tempio. incentrato nella vita religiosa che si svolge accanto al tempio (costituito al tempo della grande monarchia di Israele, poi distrutto e ricostruito dopo l’esilio babilonese), all’interno del quale vi è tutta una vita, una teologia.
Il giudaismo del tempio è tutto incentrato sulla vita liturgica, sui riti, sulle preghiere e sui sacrifici che si fanno al tempio. Un ruolo di primo piano al suo interno è esercitato dai sacerdoti che svolgono il culto sacrificale. È una specie di visione teologica articolata in cui tutta la vita dell’uomo, tutta la storia trovano nella liturgia del tempio il loro significato e compimento: è attraverso il culto del tempio, i sacrifici, le preghiere e le feste celebrate nel tempio che il sacerdote diventa maestro, strumento di santificazione mediante il sangue delle vittime sacrificate nel tempio. Essa è il vertice di tutta la vita religiosa e di tutta la storia di Israele: fonte della santificazione, della vita religiosa, della benedizione di Dio.
In qualche modo più ci si avvicina al tempio, più si va verso la sfera della santità; viceversa, più ci si allontana dal tempio, più ci si immerge in un’atmosfera profana e impura.
Come tale, la religione del tempio è tendenzialmente astorica, non si aspetta alcun evento di salvezza nel futuro, cioè non è legata particolarmente all’evoluzione delle vicende storiche perché in qualche modo il culto al tempio può solo evocare e ricelebrare le meraviglie operate da Dio per il suo popolo in passato, qualcosa di assoluto che il rito ravviva, ma che nulla si aspetta dalla storia futura.
 
 
 

 

2) Giudaismo della Toràh. legato alle sette dei farisei, tutto incentrato nello studio, nell’approfondimento della legge di Dio al fine di ricavarne i precetti (mitzwòt) applicabili ai nuovi problemi che la vita quotidiana poneva, perché tale osservanza è la via maestra della santificazione. Si ritiene che la redazione finale dei cinque libri della Toràh, ossia del Pentateuco, sia avvenuta dopo il ritorno dall’esilio babilonese fra il V e il IV secolo a.e.v.
Mentre il primo giudaismo era legato ad una casta sacerdotale, il secondo è un giudaismo laico, perché incentrato intorno alla figura del maestro della legge (Rabbì) che non è un sacerdote, ma un laico che ha studiato la Toràh ed è capace di ricavarne i precetti, le indicazioni che Dio da all’uomo per santificare la vita.
Per l’ebreo il Pentateuco ha un primato assoluto anche sulle altre due parti della Bibbia ebraica (ossia Profeti o Nevi’ìm e Scritti o Ketuvìm).
L’ebraismo com’è ancora oggi è lo sviluppo del Giudaismo della Toràh.
Questo tipo di giudaismo non ha una sensibilità particolare né attribuisce un valore speciale alla storia né all’attesa, poiché un rabbì, un buon fariseo, non si aspetta chissà che cosa dalla storia, che non costituisce un suo problema, né lo interessa molto. Gli preme soltanto la centralità della Toràh e l’osservanza dei suoi precetti, come via fondamentale di santificazione della vita. Questa seconda tendenza evidentemente già all’epoca di Gesù era quella più sviluppata nella sinagoga. Siamo prima della distruzione del Tempio nel 70 e.v. e, anche se c’erano stati alcuni movimenti messianici individuali secondari, assieme ad altri negli solo negli ambienti apocalittici dei secoli III-I a.e.v, la tensione dell’attesa di un Messia nel rabbinismo non è ancora forte, come diverrà dopo la catastrofe.

 

3) Giudaismo del messia. Questa tendenza del giudaismo è incentrata sulla figura del messia, è cioè teso verso l’analisi negativa dei tempi storici in cui il popolo d’Israele si trova e verso l’attesa di un intervento di Dio che, mandando il Messia, ribalterà le sorti negative della sua storia e porterà la salvezza. Gesù stesso è un Messia, ma il suo messianismo è molto particolare rispetto a quello più generalmente diffuso all’interno dell’ebraismo ed è abbastanza anticonformista rispetto allo schema fondamentale.
Ma il messia ebraico non è Dio, non è figlio di Dio, non nasce da una donna vergine, non promette la salvezza e la vita eterna, ma di liberare dal giogo di Roma la Palestina, non cavalca un asinello come Gesù, ma è un leader politico e limitare che cavalca un destriero per fare la guerra contro i romani.
Questa fortissima tensione messianica degli ultimi secoli ha dato origine ad alcune sette religiose, spinte da una specie di frenesia messianica e fermamente convinte dell’imminente venuta del messia. A causa di ciò queste sette hanno rigettato il giudaismo ufficiale e si sono ritirate sulle rive del Mar Morto per attuare una vita di profonda ascesi e di preghiera, dove attendere il Messia. Si tratta della comunità monastica di Qumran, che alcuni identificano con la setta degli Esseni. (Si pensa che anche Giovanni Battista abbia avuto dei rapporti con essa, e probabilmente anche lo stesso Gesù). Alcune di queste sette, su influsso dell’apocalittica che era stata recepita anche da un certo numero di ebrei, se sposati cessavano la relazione sessuale, e predicavano la purezza, fino al punto che alcune giunsero a proibire il matrimonio come peccaminoso. Ciò avvenne perché per gli apocalittici il peccato non era più la disobbedienza dei progenitori Adamo ed Eva, ma l’essenza del male era divenuto il sesso, da qui l’esaltazione della verginità.
Dunque, il “Giudaismo del Tempio” è tendenzialmente astorico (al di sopra della storia), così come non è particolarmente legato alla storia futura il “Giudaismo della Toràh”, al contrario il “Giudaismo del Messia” è un giudaismo della storia ed è di natura escatologica perché la venuta del Messia inaugura i tempi messianici nell’attesa del ritorno. La tendenza messianica è quindi caratterizzata da un’acutissima sensibilità nei confronti della storia perché essa, secondo questa tendenza, è l’ambito privilegiato e fondamentale in cui si gioca la salvezza mediante la venuta del Signore. È interessante considerare che secondo la religione ebraica il messia verrà solo quando Israele avrà osservato perfettamente i precetti della Toràh; dunque ciò che rallenta la venuta del messia è l’infedeltà di Israele nell’osservare i precetti.
 
Se fino all’epoca di Gesù e anche all’incirca fino al 70 questi tre tipi di giudaismo potevano in qualche modo convivere uno accanto all’altro o anche essere mescolati, con il precipitare degli eventi (la distruzione del tempio e la nascita del cristianesimo) vi furono nel giudaismo delle soluzioni radicali, per cui uno di questi tre sistemi simbolici o ideologici prevalse in modo eminente sugli altri e si sviluppò.
Infatti, con la distruzione di Gerusalemme (70 e.v.) il Giudaismo del Tempio è andato distrutto.
Fino al I secolo e.v. ebraismo e cristianesimo erano parte di un unico fiume, anche se avevano sfumature diverse, come il cristianesimo che si collegava alla spiritualità antica dei grandi profeti. Ma in seguito essi si sono divaricati in due fiumi, uno l’ebraismo rabbinico e l’altro il cristianesimo.
Il cristianesimo è dunque lo sviluppo intra-ebraico del Giudaismo del Messia che ha spinto in maniera particolarmente forte questa idea dell’attesa messianica (alle estreme conseguenze) fino a credere che in Gesù questa attesa si è compiuta (concezione ebraica del cristianesimo). Il cristianesimo, pertanto, non è il sorgere di una nuova religione, diversa. Gesù stesso non è venuto per fondare una nuova religione, ma a dare compimento a quella ebraica. Ma il messia Gesù, come appena mostrato, è radicalmente diverso dal messia ebraico il quale, lungi dall’essere un guerriero, spiritualizza il suo insegnamento.
 
- Essendo state vissute le tre guerre giudaiche contro l’impero romano come Guerre di Dio, ossia che il Signore avrebbe dovuto vincere, (la prima nel 66-70, e.v. sotto Tito, la seconda, nel 115-117 sotto Traiano e la terza nel 132-135 sotto l’imperatore Adriano) furono tutte annientate dai Romani e la delusione fu gravissima. Ai rabbini, dunque, rimaneva una sola via, perché una era andata distrutta (Giudaismo del Tempio), l’altra (Giudaismo del Messia Gesù) aveva avuto un risultato catastrofico avendo gli ebrei proclamato messia i capi militari delle guerre, e non restava al rabbinismo che quella del Giudaismo della Toràh, dei precetti, che ha dato origine al Giudaismo rabbinico.
 
(testo di Mauro Perani)