I dieci punti di Seelisberg
Tra il 30 luglio e il 5 agosto del 1947, a Seelisberg, cittadina svizzera del Canton Uri, si svolse una Conferenza internazionale contro l’antisemitismo (Conférence d’urgence contre l’antisémitisme) a cui presero parte alcuni rappresentanti ebrei e circa un centinaio di delegati cristiani di diverse confessioni provenienti da una ventina di paesi. I lavori della conferenza erano coordinati dal celebre storico francese Jules Isaac e dal gran rabbino di Francia Jacob Kaplan. Al termine del confronto, fu stilato un documento in dieci punti passato alla storia col nome della località in cui ebbe luogo la Conferenza, che da in seguito sarebbe stato considerato come la Magna Carta del dialogo ebraico-cristiano.
10 punti di Seelisberg
- Ricordare che è lo stesso Dio vivente che parla a tutti noi nell'Antico come nel Nuovo Testamento.
- Ricordare che Gesù è nato da una madre ebrea, della stirpe di Davide e del popolo d'Israele, e che il suo amore ed il suo perdono abbracciano il suo popolo ed il mondo intero.
- Ricordare che i primi discepoli, gli apostoli, ed i primi martiri, erano ebrei.
- Ricordare che il precetto fondamentale del cristianesimo, quello dell'amore di Dio e del prossimo, promulgato già nell'Antico Testamento e confermato da Gesù, obbliga cristiani ed ebrei in ogni relazione umana senza eccezione alcuna.
- Evitare di sminuire l'ebraismo biblico nell'intento di esaltare il cristianesimo.
- Evitare di usare il termine "giudei" nel senso esclusivo di "nemici di Gesù" o la locuzione "nemici di Gesù" per designare il popolo ebraico nel suo insieme.
- Evitare di presentare la passione in modo che l'odiosità per la morte inflitta a Gesù ricada su tutti gli ebrei o solo sugli ebrei. In effetti non sono tutti gli ebrei che chiesero la morte di Gesù. Né sono solo gli ebrei che ne sono responsabili, perché la croce, che ci salva tutti, rivela che Cristo è morto a causa dei peccati di tutti noi. Ricordare a tutti i genitori e educatori cristiani la grave responsibilità in cui essi incorrono nel presentare il vangelo e sopratutto il racconto della passione in un modo semplicista. In effetti, essi rischiano in questo modo di ispirare, lo vogliano o no, avversione nella coscienza o nel subcosciente dei loro bambini o uditori. Psicologicamente parlando, negli animi semplici, mossi da un ardente amore e da una viva compassione per il Salvatore crocifisso, l'orrore che si prova in modo così naturale verso i persecutori di Gesù, si cambierà facilmente in odio generalizzato per gli ebrei di tutti i tempi, compresi quelli di oggi.
- Evitare di riferire le maledizioni della Scrittura ed il grido della folla eccitata: "che il suo sangue ricada su noi e sui nostri figli", senza ricordare che quel grido non potrebbe prevalere sulla preghiera infinitamente più potente di Gesù: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno."
- Evitare di dare credito all'empia opinione che il popolo ebraico è riprovato, maledetto, riservato a un destino di sofferenza.
- Evitare di parlare degli ebrei come se essi non fossero stati i primi ad appartenere alla chiesa.