Il viaggio di Paolo VI in Terra Santa si è svolto nello stesso periodo in cui era in corso il Concilio Vaticano II (1962-1965), durante il quale, il 28 ottobre 1965, è stata emanata la dichiarazione Nostra aetate, con la quale la chiesa cattolica ha superato le proprie posizioni antigiudaiche e antisemite.
Fin dall’inizio del suo pontificato, Giovanni XXIII si è dimostrato disponibile a rivedere il rapporto tra la chiesa cattolica e l’ebraismo impegnandosi concretamente affinché ciò avvenisse. Ad esempio, nel 1959 ha modificato la preghiera universale per gli ebrei, Oremus et pro perfidis judaeis, inserita ufficialmente nella liturgia cattolica romana con il Messale Romano di Pio V, nel 1570, e pronunciata in occasione del Venerdì Santo e del rituale del Battesimo dei catecumeni, eliminando le espressioni perfidus e perfidia utilizzate per riferirsi agli ebrei; nel 1960 ha ricevuto in udienza lo storico ebreo Jules Isaac (1877-1963), che ha fatto notare al pontefice la necessità di rimuovere le radici dell’antisemitismo cattolico.
La riflessione sul rapporto tra la chiesa cattolica e gli ebrei è divenuta oggetto di interesse e di riflessione durante il Concilio Vaticano II solo in seguito alla chiusura della prima sessione, il 4 dicembre 1962. Durante i lavori conciliari, la questione del rapporto con gli ebrei è divenuta poi parte del più ampio tema riguardante le relazioni della chiesa cattolica con le altre religioni, affrontato nella dichiarazione conciliare Nostra aetate.
Tale dichiarazione ha rappresentato una svolta nel rapporto tra la chiesa cattolica e il popolo ebraico, ma non ha influenzato positivamente le relazioni tra la Santa Sede e lo Stato d’Israele. Difatti, la questione dello Stato d’Israele è stata oggetto di molte discussioni durante le varie stesure della dichiarazione ed è stata poi volutamente evitata nella redazione del testo finale, principalmente per non rischiare di mettere in pericolo le comunità cattoliche presenti nei paesi arabi. Di conseguenza, il quarto punto della dichiarazione si concentra esclusivamente sul dialogo religioso tra cattolici ed ebrei.
Nel nostro tempo in cui il genere umano si unifica di giorno in giorno più strettamente e cresce l'interdipendenza tra i vari popoli, la Chiesa esamina con maggiore attenzione la natura delle sue relazioni con le religioni non-cristiane. Nel suo dovere di promuovere l'unità e la carità tra gli uomini, ed anzi tra i popoli, essa in primo luogo esamina qui tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino.
Continua a leggere la dichiarazione conciliare Nostra aetate su vatican.va...
Riferimenti bibliografici
G. Miccoli, Due nodi: la libertà religiosa e le relazioni con gli ebrei, in G. Alberigo (a cura di), Storia del Concilio Vaticano II. Vol. 4: La chiesa come comunione. Il terzo periodo e la terza intersessione, Bologna, il Mulino 1999
Sull’incontro tra Giovanni XXIII e Jules Isaac si veda anche:
Per approfondire, segui il il kit di Pars Dialogo ebraico-cristiano a cura di Marco Cassuto Morselli. Vai al kit...