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Il bön e il buddhismo tibetano

 

Alexander Berzin, in una conferenza tenuta ad Amsterdam nel 2001, tratteggia un profilo storico della tradizione bön grazie al quale è possibile collocarla nel contesto religioso e sociopolitico del Tibet, delineare i rapporti con lo sciamanesimo e con il buddhismo, e proseguire nel percorso formativo attraverso l'analisi del corpus testuale e delle pratiche tradizionali, su cui si appunterà l'attenzione nei successivi passaggi del kit.

 

Stasera mi è stato chiesto di parlare della tradizione Bon e dei suoi rapporti con il Buddhismo. Quando Sua Santità il Dalai Lama parla delle tradizioni del Tibet, spesso nomina le cinque tradizioni tibetane: Nyingma, Kagyu, Sakya, Ghelug e Bon. Dal punto di vista di Sua Santità il Bon è alla pari con i quattro lignaggi buddhisti del Tibet. Sua Santità è di mentalità molto aperta; non tutti accettano questa posizione. Fra i maestri buddhisti circolavano e ancora circolano molte idee strane sul Bon. Da un’ottica psicologica occidentale, quando una persona si sforza con grande intensità di porre l’accento sui lati positivi della propria personalità prima di aver veramente risolto i suoi conflitti a livello profondo, il lato oscuro finisce con l’essere proiettato su un nemico: “Noi siamo i bravi ragazzi che seguono un sentiero puro e corretto, loro sono il diavolo.” Disgraziatamente nella storia del Tibet i Bonpo sono stati l’oggetto tradizionale di questa proiezione; vedremo le ragioni storiche di questo fatto, che deve assolutamente essere compreso nel contesto della storia politica del Tibet.

 

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