La grazia del Concilio

 
Giacomo Lercaro, Chiesa e povertà, in Giacomo Lercaro, Per la forza dello Spirito. Discorsi conciliari del card. Giacomo Lercaro, Bologna: EDB, 1984, pp. 113-122.
 
Da argomento di studio per i membri del Centro di documentazione, il concilio divenne una realtà immediata e concreta con la decisione di Giovanni XXIII di convocare nel 1959 il Vaticano II. Intuendo come il nuovo concilio potesse costituire finalmente lo spazio in cui definire e promuovere quelle riforme che tanti invocavano da decenni su vari fronti (ecclesiologico, liturgico, ecumenico e disciplinare), Dossetti si dedicò anima e corpo ai lavori del Vaticano II, anzitutto prestando il suo aiuto come perito al cardinale Giacomo Lercaro e per il quale predispose numerosi interventi. Giovanni XXIII aveva offerto alla Chiesa una possibilità straordinaria di ripensare profondamente il percorso compiuto nell’ultimo secolo e mezzo, al fine di abbandonare la tradizionale inimicizia con cui essa guardava al mondo moderno e introdurre uno spirito di collegialità che rappresentava il recupero di una tradizione antichissima ormai sepolta da secoli di centralismo romano. L’attenzione di Dossetti verso l’evento conciliare muoveva proprio da una consapevolezza profonda, già espressa secoli prima da un canonista di rango quale era stato il cardinale Bellarmino: e cioè che se un concilio non aveva più autorità o potere di un papa quando esercitava le sue funzioni da solo era in ogni caso un’istituzione in cui si dava maggiore grazia.
Il Vaticano II, per numero e provenienza dei partecipanti presentava anche difficoltà di funzionamento che Dossetti contribuì a superare dando indicazioni fondamentali per la revisione del suo regolamento. Il problema che il Vaticano II aveva – oltre a quello delle resistenze alle riforme delle correnti più conservatrici – era quello di definire un proprio asse, perché si trattava, per la prima volta nella storia, di un concilio che non era stato convocato per affrontare una crisi immediata o per uno scopo circoscritto messo a fuoco anzitempo dal papa. Giovanni XXIII aveva parlato più volte del Vaticano II come di un concilio di «aggiornamento», o come di una «novella pentecoste». Dossetti immaginò allora che il perno delle decisioni del Vaticano II dovesse essere la questione della povertà della Chiesa: intesa come ricerca e assunzione della condizione che Gesù predilige; come rifiuto delle compromissioni con il potere; come atteggiamento che favoriva un’apertura culturale che poteva consentire alla Chiesa di avere davvero un respiro universale.
Dossetti sarebbe stato determinante anche per indirizzare il dibattito conciliare sul tema della collegialità episcopale. Si era quindi occupato del tema delle relazioni della Chiesa con il popolo ebraico e si era interessato anche dell’ecumenismo: Dossetti affermava che quelle nate dalla Riforma erano autenticamente Chiese, perché avevano un loro patrimonio di dottrine e di tradizioni. Alla fine del Concilio Dossetti si rese conto che su diverse questioni il Vaticano II era stato reticente, come ad esempio sul tema della pace: ma questo non diminuì mai il suo impegno nei decenni successivi per una ricezione fedele e non puramente nominale dei decreti conciliari.
Il tema della povertà della Chiesa fu enunciato in Concilio dal cardinale Lercaro il 6 dicembre 1962 attraverso un intervento minutato da Dossetti; qui si diceva che il Vaticano II era posto di fronte all’ora
 
dei poveri, dei milioni di poveri che sono su tutta la terra, questa è l’ora del mistero della chiesa madre dei poveri, questa è l’ora del mistero di Cristo soprattutto nel povero. […] Occorre una dottrina De ecclesia, capace di penetrare più a fondo, oltre i lineamenti dell’ordine giuridico-ecclesiastico, ai quali si arrestano sinora molte delle nostre trattazioni e direttive. Se una conclusione possiamo trarre alla fine di questa sessione del nostro concilio è proprio questa: due mesi di fatica e di veramente generosa, umile, libera e fraterna ricerca, con l’assistenza dello Spirito santo, ci hanno portati a comprendere meglio e tutti assieme quel che il concilio Vaticano II deve proporre agli uomini del nostro tempo, per illuminare con una luce di verità e di grazia i loro cuori; quel che dobbiamo proporre è l’intimo mistero della chiesa, come il «grande sacramento» del Cristo, del Verbo di Dio, che si rivela, che abita, che vive, e che opera fra gli uomini. […] il mistero di Cristo nella chiesa sempre è stato ed è, ma oggi è particolarmente il mistero di Cristo nei poveri […] Perciò mi sembra dovere nostro in questa conclusione della prima tappa del nostro concilio riconoscere e proclamare solennemente: noi non faremo il nostro dovere, non sapremo intendere con animo aperto la volontà di Dio e l’attesa degli uomini su questo concilio, se non metteremo al centro a un tempo del suo insegnamento dottrinale e della sua opera di rinnovamento, il mistero di Cristo nei poveri, l’annunzio dell’evangelo ai poveri.

 

Il saggio fa parte del kit formativo Giuseppe Dossetti, a cura di Enrico Galavotti. Vai al kit...

 

 

 

Geotags:
Anno Pubblicazione:
1984
Numero di pagine:
9
Autore:
Giacomo Lercaro
Data Creazione:
Lun, 30/06/2025 - 14:54