Fedeltà e creatività nella ricezione del Concilio Vaticano II. Criteri ermeneutici
Cristianesimo nella storia, 21 (2000), pp. 383-402
Abstract
ING
The hermeneutics of Vatican II poses problems which also affect the process of its reception, a process involving the understanding and explaining of the event and the decisions it produced. It was the intention of the Council when it concluded that it should be followed by a process of active reception rather than a passive application of the historic decisions which had been taken; a reception which should necessarily have involved a plurality of subjects as is to expected from a Communion Ecclesiology such as that which dominated Vatican II. Instead, the impression one forms is that of the rising imposition of a silent «nominalism. The institutional and doctrinal force of habit formed over the preceding two centuries — quite different from the Great Tradition — has tried to swallow up Vatican II and to «normalize» Catholicism, returning it to the suffocating situation of before. What is it that, beyond an istitutional inertia, beyond the resistance of the Roman hierarchy, beyond preference of large sectors of society for a more traditional and established form of Christianity; what is it that has prevented a full scale process of rejuvenation of the church from taking place? The reasons for Vatican II's weak impact is essentially due to the fact that doctrinal and spiritual indications of the Council did not conjugate with a parallel institutional renewal. What has been lacking in the period following the Council is this reciprocal cross-fertilization between the doctrinal and ecclesiological indications and a modernization of the insti-tutional structure of the Church.
ITA
L'ermeneutica del Vaticano II apre questioni che vanno ad influenzare anche il processo della sua ricezione, un processo che coinvolge la comprensione e la spiegazione dell'evento e delle decisioni che ha prodotto. Era intenzione del Concilio, una volta conclusosi, di essere seguito da un processo di accoglienza attiva piuttosto che da un'applicazione passiva delle decisioni storiche che erano state prese; una ricezione che doveva necessariamente coinvolgere una pluralità di soggetti come ci si aspetta da un'ecclesiologia di comunione come quella che dominò il Vaticano II. Invece, l'impressione che si forma è quella della crescente imposizione di un "nominalismo" silenzioso. L’ istituzionale e dottrinale forza dell'abitudine formatasi nei due secoli precedenti-alquanto diversa dalla Grande Tradizione-ha cercato di inghiottire il Vaticano II e di "normalizzare" il cattolicesimo, riportandolo alla soffocante situazione precedente. Che cosa è, al di là di un'inerzia istituzionale, al di là della resistenza della gerarchia romana, dietro l'optare, da parte di una vasta parte della società, per una più tradizionale e stabile forma di cristianesimo; cos'è che ha impedito che si avviasse un processo di totale ringiovanimento della chiesa? Le ragioni della debolezza dell’impatto del Vaticano II sono dovute ad una mancata coniugazione delle decisioni dottrinali e spirituali del Concilio con un rinnovamento istituzionale parallelo. Ciò che è mancato nel periodo successivo al Concilio è questa fertilizzazione incrociata tra le indicazioni ecclesiologiche e dottrinali e una modernizzazione della struttura istituzionale della Chiesa.
La rivista
Cristianesimo nella Storia ospita ricerche di autorevoli studiosi sul percorso storico del cristianesimo, con particolare attenzione ai contesti e alle culture con cui i cristiani sono entrati in contatto, a cominciare da quella vetero-testamentaria e giudaica fino alle società secolarizzate di oggi. Ogni quadrimestre Cristianesimo nella storia propone, oltre ai saggi critici, rassegne, note e recensioni che consentono di valutare criticamente le ipotesi emerse negli studi scientifici internazionali in campo storico, teologico ed esegetico. Un numero di ogni anno viene dedicato a un argomento monografico.