Giuseppe Turoldo vive profondamente il secolo breve, la sua non è un’esperienza che si snoda parallelamente o che interseca in modo casuale la storia del Novecento. La vita di Padre David Maria Turoldo è stata un'esistenza intensa e "eccedente", caratterizzata da un impegno profondo per la rigenerazione spirituale e sociale e da un'audace ricerca di nuovi linguaggi per comunicare il Vangelo. Gli anni giovanili (1941-1943) trascorsi nel convento di San Carlo al Corso di Milano e gli studi filosofici all'Università Cattolica furono un periodo di grande fermento, che lo vide incontrare maestri come Mario Apollonio e Gustavo Bontadini, e compagni come Luigi Santucci e Angelo Romanò. In questo contesto, Turoldo partecipò attivamente alla Resistenza contro il fascismo, un impegno che interpretò come una scelta "dell’umano contro il disumano" e un'attesa di profonda rigenerazione. Nel dopoguerra, scommise su un audace riformismo della società italiana e della Chiesa, collaborando con le "avanguardie cattoliche" del tempo, tra cui Primo Mazzolari, Giuseppe Dossetti e Giuseppe Lazzati. Iniziative concrete come l'appoggio alla comunità di Nomadelphia di don Zeno Saltini, e l'avvio della Corsia dei Servi a Milano (con la sua libreria, il cinema e le edizioni), testimoniarono il suo desiderio di rinnovamento.

A causa delle sue posizioni critiche e non allineate all'unanimismo del pontificato di Pio XII, Turoldo fu più volte allontanato da Milano e dall'Italia. Visse questi allontanamenti come "dolorosi esili", sentendosi impedito dalla Chiesa stessa di vivere il Vangelo. Nonostante il dolore, riconobbe che queste partenze forzate offrirono preziose opportunità di incontri e aperture: in Germania conobbe Romano Guardini e il movimento liturgico; a Londra e negli Stati Uniti poté studiare e confrontarsi con personalità che lo affrancarono dal provincialismo del cattolicesimo italiano. A Firenze, negli anni Cinquanta, entrò in contatto con la vitalità del cattolicesimo riformista di Giorgio La Pira e strinse amicizia e collaborò con Lorenzo Milani, Ernesto Balducci e Giovanni Vannucci, portando avanti anche lì iniziative come la Messa della carità per i poveri e il cineforum.

Con Mariangela Maraviglia ripercorriamo il senso e le tappe di una vita:

Cosa possiamo dire e cosa ricordare ancora in un tempo in cui non vi è più traccia dell’Italia contadina e operaia in cui Turoldo nacque e visse, in cui i mutamenti culturali hanno costruito inediti modelli di immaginario collettivo, minando non solo il ricordo di personalità significative ma la stessa trasmissibilità della fede cristiana alle nuove generazioni?
Forse proprio in questo tempo trasformato e senza memoria vale la pena riproporre un’esperienza come la sua, in cui rivive quella di intere genera zioni novecentesche, rivivono guerre, povertà, dittature, riscatti, speranze di una stagione in cui si alimentarono progetti di rinascita culturale, sociale, civile, ecclesiale. Forse proprio in questi giorni tragici, in cui un popolo deve incredibilmente combattere la sua Resistenza contro un invasore, nel ventunesimo secolo e al centro dell’Europa,2 vale la pena ricordare chi la Resistenza contro fascismo e nazismo l’ha vissuta in prima persona, in nome dell’efficacia anche storica della propria fede cristiana perché, come affermava Turoldo, «la parola di Dio è un fatto e non un suono».

 

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