L'articolo 36 regola l'Insegnamento della religione cattolica in Italia:

Art. 36. L'Italia considera fondamento e coronamento dell'istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che l'insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da stabilirsi d'accordo tra la Santa Sede e lo Stato. Tale insegnamento sarà dato a mezzo di maestri e professori, sacerdoti e religiosi approvati dall'autorità ecclesiastica, e sussidiariamente a mezzo di maestri e professori laici, che siano a questo fine muniti di un certificato di idoneità da rilasciarsi dall'ordinario diocesano. La revoca del certificato da parte dell'ordinario priva senz'altro l’insegnante della capacità di insegnare. Pel detto insegnamento religioso nelle scuole pubbliche non saranno adottati che i libri di testo approvati dalla autorità ecclesiastica.” (Legge 27 maggio 1929, n. 810 art. 36)

Fonte del testo integrale: www.vatican.va

CONCORDATO FRA LA SANTA SEDE E L'ITALIA

IN NOME DELLA SANTISSIMA TRINITÀ

Premesso:

Che fin dall’inizio delle trattative tra la Santa Sede e l’Italia per risolvere la « questione romana » la Santa Sede stessa ha proposto che il Trattato relativo a detta questione fosse accompagnato, per necessario complemento, da un Concordato, inteso a regolare le condizioni della Religione e della Chiesa in Italia;

Che è stato concluso e firmato oggi stesso il Trattato per la soluzione della «questione romana»;

Sua Santità il Sommo Pontefice Pio XI e Sua Maestà Vittorio Emanuele III, Re d’Italia, hanno risoluto di fare un Concordato, ed all’uopo hanno nominato gli stessi Plenipotenziarii, delegati per la stipulazione del Trattato, cioè per parte di Sua Santità, Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Pietro Gasparri, Suo Segretario di Stato, e per parte di Sua Maestà, Sua Eccellenza il Signor Cavaliere Benito Mussolini, Primo Ministro e Capo del Governo, i quali, scambiati i loro Pieni Poteri e trovatili in buona e dovuta forma, hanno convenuto negli Articoli seguenti:

Art. 1

L’Italia, ai sensi dell’art. 1 del Trattato, assicura alla Chiesa Cattolica il libero esercizio del potere spirituale, il libero e pubblico esercizio del culto, nonché della sua giurisdizione in materia ecclesiastica in conformità alle norme del presente Concordato; ove occorra, accorda agli ecclesiastici per gli atti del loro ministero spirituale la difesa da parte delle sue autorità.

In considerazione del carattere sacro della Città Eterna, sede vescovile del Sommo Pontefice, centro del mondo cattolico e méta di pellegrinaggi, il Governo italiano avrà cura di impedire in Roma tutto ciò che possa essere in contrasto col detto carattere.

Art. 2

La Santa Sede comunica e corrisponde liberamente con i Vescovi, col clero e con tutto il mondo cattolico senza alcuna ingerenza del Governo italiano.

Parimenti, per tutto quanto si riferisce al ministero pastorale, i Vescovi comunicano e corrispondono liberamente col loro clero e con tutti i fedeli.

Tanto la Santa Sede quanto i Vescovi possono pubblicare liberamente ed anche affiggere nell’interno ed alle porte esterne degli edifici destinati al culto o ad uffici del loro ministero le istruzioni, ordinanze, lettere pastorali, bollettini diocesani ed altri atti riguardanti il governo spirituale dei fedeli, che crederanno di emanare nell’ambito della loro competenza. Tali pubblicazioni ed affissioni ed in genere tutti gli atti e documenti relativi al governo spirituale dei fedeli non sono soggetti ad oneri fiscali.

Le dette pubblicazioni, per quanto riguarda la Santa Sede, possono essere fatte in qualunque lingua; quelle dei Vescovi sono fatte in lingua italiana o latina; ma, accanto al testo italiano, l’autorità ecclesiastica può aggiungere la traduzione in altre lingue.

Le autorità ecclesiastiche possono senza alcuna ingerenza delle autorità civili eseguire collette nell’interno ed all’ingresso delle chiese nonché negli edifici di loro proprietà.

Art. 3

Gli studenti di teologia, quelli degli ultimi due anni di propedeutica alla teologia avviati al sacerdozio ed i novizi degli istituti religiosi possono, a loro richiesta, rinviare, di anno in anno, fino al ventesimosesto anno di età l’adempimento degli obblighi del servizio militare.

I chierici ordinati in sacris ed i religiosi, che hanno emesso i voti, sono esenti dal servizio militare, salvo il caso di mobilitazione generale. In tale caso, i sacerdoti passano nelle forze armate dello Stato, ma è loro conservato l’abito ecclesiastico, affinché esercitino fra le truppe il sacro ministero sotto la giurisdizione ecclesiastica dell’Ordinario militare ai sensi dell’art. 14. Gli altri chierici o religiosi sono di preferenza destinati ai servizi sanitari.

Tuttavia, anche se siasi disposta la mobilitazione generale, sono dispensati dal presentarsi alla chiamata i sacerdoti con cura di anime. Si considerano tali gli Ordinari, i parroci, i vice parroci o coadiutori, i vicari ed i sacerdoti stabilmente preposti a rettorie di chiese aperte al culto.

Art. 4

Gli ecclesiastici ed i religiosi sono esenti dall’ufficio di giurato.

Art. 5

Nessun ecclesiastico può essere assunto o rimanere in un impiego od ufficio dello Stato italiano o di enti pubblici dipendenti dal medesimo senza il nulla osta dell’Ordinario diocesano.

La revoca del nulla osta priva l’ecclesiastico della capacità di continuare ad esercitare l’impiego o l’ufficio assunto.

In ogni caso i sacerdoti apostati o irretiti da censura non potranno essere assunti né conservati in un insegnamento, in un ufficio od in un impiego, nei quali siano a contatto immediato col pubblico.

Art. 6

Gli stipendi e gli altri assegni, di cui godono gli ecclesiastici in ragione del loro ufficio, sono esenti da pignorabilità nella stessa misura in cui lo sono gli stipendi e gli assegni degl’impiegati dello Stato.

Art. 7

Gli ecclesiastici non possono essere richiesti da magistrati o da altra autorità a dare informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del sacro ministero.

Art. 8

Nel caso di deferimento al magistrato penale di un ecclesiastico o di un religioso per delitto, il Procuratore del Re deve informarne immediatamente l’Ordinario della diocesi, nel cui territorio egli esercita giurisdizione; e deve sollecitamente trasmettere di ufficio al medesimo la decisione istruttoria e, ove abbia luogo, la sentenza terminativa del giudizio tanto in primo grado quanto in appello.

In caso di arresto, l’ecclesiastico o il religioso è trattato col riguardo dovuto al suo stato ed al suo grado gerarchico.

Nel caso di condanna di un ecclesiastico o di un religioso, la pena è scontata possibilmente in locali separati da quelli destinati ai laici, a meno che l’Ordinario competente non abbia ridotto il condannato allo stato laicale.

Art. 9

Di regola, gli edifici aperti al culto sono esenti da requisizioni od occupazioni.

Occorrendo per gravi necessità pubbliche occupare un edificio aperto al culto, l’autorità che procede all’occupazione deve prendere previamente accordi con l’Ordinario, a meno che ragioni di assoluta urgenza a ciò si oppongano. In tale ipotesi, l’autorità procedente deve informare immediatamente il medesimo.

Salvo i casi di urgente necessità, la forza pubblica non può entrare, per l’esercizio delle sue funzioni, negli edifici aperti al culto, senza averne dato previo avviso all’autorità ecclesiastica.

Art. 10

Non si potrà per qualsiasi causa procedere alla demolizione di edifizi aperti al culto, se non previo accordo colla competente autorità ecclesiastica.

Art. 11

Lo Stato riconosce i giorni festivi stabiliti dalla Chiesa, che sono i seguenti:

Tutte le domeniche; 
Il primo giorno dell’anno; 
Il giorno dell’Epifania (6 gennaio); 
Il giorno della festa di S. Giuseppe (19 marzo);
Il giorno dell’Ascensione
Il giorno del Corpus Domini
Il giorno della festa dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo (29 giugno); 
Il giorno dell’Assunzione della B. V. Maria ( 15 agosto); 
Il giorno di Ognissanti (1° novembre); 
Il giorno della festa dell’Immacolata Concezione (8 dicembre);
Il giorno di Natale (25 dicembre).

Art. 12

Nelle domeniche e nelle feste di precetto, nelle chiese in cui officia un Capitolo, il celebrante la Messa Conventuale canterà, secondo le norme della sacra liturgia, una preghiera per la prosperità del Re d’Italia e dello Stato italiano.

Art. 13

Il Governo italiano comunica alla Santa Sede la tabella organica del personale ecclesiastico di ruolo adibito al servizio dell’assistenza spirituale presso le forze militari dello Stato appena essa sia stata approvata nei modi di legge.

La designazione degli ecclesiastici, cui è commessa l’alta direzione del servizio di assistenza spirituale (Ordinario militare, vicario ed ispettori), è fatta confidenzialmente dalla Santa Sede al Governo italiano. Qualora il Governo italiano abbia ragioni da opporre alla fatta designazione, ne darà comunicazione alla Santa Sede, la quale procederà ad altra designazione.

L’Ordinario militare sarà rivestito della dignità arcivescovile.

La nomina dei cappellani militari è fatta dalla competente autorità dello Stato italiano su designazione dell’Ordinario militare.

Art. 14

Le truppe italiane di aria, di terra e di mare godono, nei riguardi dei doveri religiosi, dei privilegi e delle esenzioni consentite dal diritto canonico.

I cappellani militari hanno, riguardo alle dette truppe, competenze parrocchiali. Essi esercitano il sacro ministero sotto la giurisdizione dell’Ordinario militare, assistito dalla propria Curia.

L’Ordinario militare ha giurisdizione anche sul personale religioso, maschile e femminile, addetto agli ospedali militari.

Art. 15

L’Arcivescovo ordinario militare è preposto al Capitolo della chiesa del Pantheon in Roma, costituendo con esso il clero, cui è affidato il servizio religioso di detta Basilica.

Tale clero è autorizzato a provvedere a tutte le funzioni religiose, anche fuori di Roma, che in conformità alle regole canoniche siano richieste dallo Stato o dalla Reale Casa.

La Santa Sede consente a conferire a tutti i canonici componenti il capitolo del Pantheon la dignità di protonotari ad instar, durante munere. La nomina di ciascuno di essi sarà fatta dal Cardinale Vicario di Roma dietro presentazione da parte di Sua Maestà il Re d’Italia, previa confidenziale indicazione del presentando.

La S. Sede si riserva di trasferire ad altra chiesa la Diaconia.

Art. 16

Le Alte Parti contraenti procederanno d’accordo, a mezzo di commissioni miste, ad una revisione della circoscrizione delle diocesi, allo scopo di renderla possibilmente rispondente a quella delle province dello Stato.

Resta inteso che la Santa Sede erigerà la diocesi di Zara; che nessuna parte del territorio soggetto alla sovranità del Regno d’Italia dipenderà da un Vescovo, la cui sede si trovi in territorio soggetto alla sovranità di altro Stato; e che nessuna diocesi del Regno comprenderà zone di territorio soggette alla sovranità di altro Stato.

Lo stesso principio sarà osservato per tutte le parrocchie esistenti o da costituirsi in territori vicini ai confini dello Stato.

Le modificazioni che, dopo l’assetto innanzi accennato si dovessero in avvenire arrecare alle circoscrizioni delle diocesi, saranno disposte dalla Santa Sede previi accordi col Governo italiano ed in osservanza delle direttive su espresse, salvo le piccole rettifiche di territorio richieste dal bene delle anime.

Art. 17

La riduzione delle diocesi che risulterà dall’applicazione dell’articolo precedente, sarà attuata via via che le diocesi medesime si renderanno vacanti.

Resta inteso che la riduzione non importerà soppressione dei titoli delle diocesi né dei capitoli, che saranno conservati, pur raggruppandosi le diocesi in modo che i capoluoghi delle medesime corrispondano a quelli delle province.

Le riduzioni suddette lasceranno salve tutte le attuali risorse economiche delle diocesi e degli altri enti ecclesiastici esistenti nelle medesime, compresi gli assegni ora corrisposti dallo Stato italiano.

Art. 18

Dovendosi, per disposizione dell’autorità ecclesiastica, raggruppare in via provvisoria o definitiva più parrocchie, sia affidandole ad un solo parroco assistito da uno o più vice-parroci, sia riunendo in un solo presbiterio più sacerdoti, lo Stato manterrà inalterato il trattamento economico dovuto a dette parrocchie.

Art. 19

La scelta degli Arcivescovi e Vescovi appartiene alla Santa Sede.

Prima di procedere alla nomina di un Arcivescovo o di un Vescovo diocesano o di un coadiutore cum iure successionis, la Santa Sede comunicherà il nome della persona prescelta al Governo italiano per assicurarsi che il medesimo non abbia ragioni di carattere politico da sollevare contro la nomina.

Le pratiche relative si svolgeranno con la maggiore possibile sollecitudine e con ogni riservatezza, in modo che sia mantenuto il segreto sulla persona prescelta, finché non avvenga la nomina della medesima.

Art. 20

I Vescovi, prima di prendere possesso della loro diocesi, prestano nelle mani del Capo dello Stato un giuramento di fedeltà secondo la formula seguente:

«Davanti a Dio e sui Santi Vangeli, io giuro e prometto, siccome si conviene ad un Vescovo, fedeltà allo Stato italiano. Io giuro e prometto di rispettare e di far rispettare dal mio clero il Re ed il Governo stabilito secondo le leggi costituzionali dello Stato. Io giuro e prometto inoltre che non parteciperò ad alcun accordo né assisterò ad alcun consiglio che possa recar danno allo Stato italiano ed all’ordine pubblico e che non permetterò al mio clero simili partecipazioni. Preoccupandomi del bene e dell’interesse dello Stato italiano, cercherò di evitare ogni danno che possa minacciarlo ».

Art. 21

La provvista dei benefìci ecclesiastici appartiene all’autorità ecclesiastica.

Le nomine degl’investiti dei benefìci parrocchiali sono dall’autorità ecclesiastica competente comunicate riservatamente al Governo italiano e non possono avere corso prima che siano passati trenta giorni dalla comunicazione.

In questo termine, il Governo italiano, ove gravi ragioni si oppongano alla nomina, può manifestarle riservatamente all’autorità ecclesiastica, la quale, permanendo il dissenso, deferirà il caso alla Santa Sede.

Sopraggiungendo gravi ragioni che rendano dannosa la permanenza di un ecclesiastico in un determinato beneficio parrocchiale, il Governo italiano comunicherà tali ragioni all’Ordinario, che d’accordo col Governo prenderà entro tre mesi le misure appropriate. In caso di divergenza tra l’Ordinario ed il Governo, la Santa Sede affiderà la soluzione della questione a due ecclesiastici di sua scelta, i quali d’accordo con due delegati del Governo italiano prenderanno una decisione definitiva.

Art. 22

Non possono essere investiti di benefìci esistenti in Italia ecclesiastici che non siano cittadini italiani. I titolari delle diocesi e delle parrocchie devono inoltre parlare la lingua italiana. Occorrendo, dovranno essere loro assegnati coadiutori che, oltre l’italiano, intendano e parlino anche la lingua localmente in uso, allo scopo di prestare l’assistenza religiosa nella lingua dei fedeli secondo le regole della Chiesa.

Art. 23

Le disposizioni degli articoli 16, 17, 19, 20, 21 e 22 non riguardano Roma e le diocesi suburbicarie.

Resta anche inteso che, qualora la Santa Sede procedesse ad un nuovo assetto di dette diocesi, rimarrebbero invariati gli assegni oggi corrisposti dallo Stato italiano sia alle mense sia alle altre istituzioni ecclesiastiche.

Art. 24

Sono aboliti l’exequatur, il regio placet, nonché ogni nomina cesarea o regia in materia di provvista di benefìci od uffici ecclesiastici in tutta Italia, salve le eccezioni stabilite nell’art. 29 lettera g).

Art. 25

Lo Stato italiano rinuncia alla prerogativa sovrana del Regio patronato sui benefìci maggiori e minori.

È abolita la regalia sui benefìci maggiori e minori. È abolito anche il terzo pensionabile nelle province dell’ex-regno delle due Sicilie.

Gli oneri relativi cessano di far carico allo Stato ed alle amministrazioni dipendenti.

Art. 26

La nomina degl’investiti dei benefìci maggiori e minori e di chi rappresenta temporaneamente la sede o il beneficio vacante ha effetto dalla data della provvista ecclesiastica, che sarà ufficialmente partecipata al Governo. L’amministrazione ed il godimento delle rendite, durante la vacanza, è disciplinata dalle norme del diritto canonico.

In caso di cattiva gestione, lo Stato italiano, presi accordi con l’autorità ecclesiastica, può procedere al sequestro delle temporalità del beneficio, devolvendone il reddito netto a favore dell’investito, o, in sua mancanza, a vantaggio del beneficio.

Art. 27

Le basiliche della Santa Casa in Loreto, di San Francesco in Assisi e di Sant’Antonio in Padova con gli edifici ed opere annesse, eccettuate quelle di carattere meramente laico, saranno cedute alla Santa Sede e la loro amministrazione spetterà liberamente alla medesima. Saranno parimenti liberi da ogni ingerenza dello Stato e da conversione gli altri enti di qualsiasi natura gestiti dalla Santa Sede in Italia nonché i Collegi di missioni. Restano, tuttavia, in ogni caso applicabili le leggi italiane concernenti gli acquisti dei corpi morali.

Relativamente ai beni ora appartenenti ai detti Santuari, si procederà alla ripartizione a mezzo di commissione mista, avendo riguardo ai diritti dei terzi ed alle dotazioni necessarie alle dette opere meramente laiche.

Per gli altri Santuari, nei quali esistano amministrazioni civili, subentrerà la libera gestione dell’autorità ecclesiastica, salva, ove del caso, la ripartizione dei beni a norma del precedente capoverso.

Art. 28

Per tranquillare le coscienze, la Santa Sede accorderà piena condonazione a tutti coloro che, a seguito delle leggi italiane eversive del patrimonio ecclesiastico, si trovino in possesso di beni ecclesiastici.

A tale scopo la Santa Sede darà agli Ordinari le opportune istruzioni.

Art. 29

Lo Stato italiano rivedrà la sua legislazione in quanto interessa la materia ecclesiastica, al fine di riformarla ed integrarla, per metterla in armonia colle direttive, alle quali si ispira il Trattato stipulato colla Santa Sede ed il presente Concordato.

Resta fin da ora convenuto fra le due Alte Parti contraenti quanto appresso:

a) Ferma restando la personalità giuridica degli enti ecclesiastici finora riconosciuti dalle leggi italiane (Santa Sede, diocesi, capitoli, seminari, parrocchie, ecc.), tale personalità sarà riconosciuta anche alle chiese pubbliche aperte al culto, che già non l’abbiano, comprese quelle già appartenenti agli enti ecclesiastici soppressi, con assegnazione, nei riguardi di queste ultime, della rendita che attualmente il Fondo per il Culto destina a ciascuna di esse.

Salvo quanto è disposto nel precedente art. 27, i consigli di amministrazione, dovunque esistano e qualunque sia la loro denominazione, anche se composti totalmente o in maggioranza di laici, non dovranno ingerirsi nei servizi di culto, e la nomina dei componenti sarà fatta d’intesa con l’autorità ecclesiastica.

b) Sarà riconosciuta la personalità giuridica delle associazioni religiose, con o senza voti, approvate dalla Santa Sede, che abbiano la loro sede principale nel Regno, e siano ivi rappresentate, giuridicamente e di fatto, da persone che abbiano la cittadinanza italiana e siano in Italia domiciliate. Sarà riconosciuta, inoltre, la personalità giuridica delle province religiose italiane, nei limiti del territorio dello Stato e sue colonie, delle associazioni aventi la sede principale all’estero, quando concorrano le stesse condizioni. Sarà riconosciuta altresì la personalità giuridica delle case, quando dalle regole particolari dei singoli ordini sia attribuita alle medesime la capacità di acquistare e possedere. Sarà riconosciuta infine la personalità giuridica alla Case generalizie ed alle Procure delle associazioni religiose, anche estere. Le associazioni o le case religiose, le quali già abbiano la personalità giuridica, la conserveranno.

Gli atti relativi ai trasferimenti degli immobili, dei quali le associazioni sono già in possesso, dagli attuali intestatari alle associazioni stesse saranno esenti da ogni tributo.

c) Le confraternite aventi scopo esclusivo o prevalente di culto non sono soggette ad ulteriori trasformazioni nei fini, e dipendono dall’autorità ecclesiastica, per quanto riguarda il funzionamento e l’amministrazione.

d) Sono ammesse le fondazioni di culto di qualsiasi specie, purché consti che rispondano alle esigenze religiose della popolazione e non ne derivi alcun onere finanziario allo Stato. Tale disposizione si applica anche alle fondazioni già esistenti di fatto.

e) Nelle amministrazioni civili del patrimonio ecclesiastico proveniente dalle leggi eversive i consigli di amministrazione saranno formati per metà con membri designati dall’autorità ecclesiastica. Altrettanto dicasi per i Fondi di religione delle nuove province.

f) Gli atti compiuti finora da enti ecclesiastici o religiosi senza l’osservanza delle leggi civili potranno essere riconosciuti e regolarizzati dallo Stato italiano, su domanda dell’Ordinario da presentarsi entro tre anni dall’entrata in vigore del presente Concordato.

g) Lo Stato italiano rinunzia ai privilegi di esenzione giurisdizionale ecclesiastica del clero palatino in tutta Italia (salvo per quello addetto alle chiese della Santa Sindone di Torino, di Superga, del Sudario di Roma ed alle cappelle annesse ai palazzi di dimora dei Sovrani e dei Principi Reali), rientrando tutte le nomine e provviste di benefìci ed uffici sotto le norme degli articoli precedenti. Un’apposita commissione provvederà all’assegnazione ad ogni basilica o chiesa palatina di una congrua dotazione con i criteri indicati per i beni dei santuari nell’art. 27.

h) Ferme restando le agevolazioni tributarie già stabilite a favore degli enti ecclesiastici dalle leggi italiane fin qui vigenti, il fine di culto o di religione è, a tutti gli effetti tributari, equiparato ai fini di beneficenza e di istruzione.

È abolita la tassa straordinaria del trenta per cento imposta con l’articolo 18 della legge 15 agosto 1867 n. 3848; la quota di concorso di cui agli articoli 31 della legge 7 luglio 1866 n. 3036 e 20 della legge 15 agosto 1867 n. 3848; nonché la tassa sul passaggio di usufrutto dei beni costituenti la dotazione dei benefìci ed altri enti ecclesiastici, stabilita dall’art. 1° del R. D. 30 dicembre 1923 n. 3270, rimanendo esclusa anche per l’avvenire l’istituzione di qualsiasi tributo speciale a carico dei beni della Chiesa. Non saranno applicate ai ministri del culto per l’esercizio del ministero sacerdotale l’imposta sulle professioni e la tassa di patente, istituite con il R. D. 18 novembre 1923 n. 2538 in luogo della soppressa tassa di esercizio e rivendita, né qualsiasi altro tributo del genere.

i) L’uso dell’abito ecclesiastico o religioso da parte di secolari o da parte di ecclesiastici e di religiosi, ai quali sia stato interdetto con provvedimento definitivo della competente autorità ecclesiastica, che dovrà a questo fine essere ufficialmente comunicato al Governo italiano, è vietato e punito colle stesse sanzioni e pene, colle quali è vietato e punito l’uso abusivo della divisa militare.

Art. 30

La gestione ordinaria e straordinaria dei beni appartenenti a qualsiasi istituto ecclesiastico od associazione religiosa ha luogo sotto la vigilanza ed il controllo delle competenti autorità della Chiesa, escluso ogni intervento da parte dello Stato italiano, e senza obbligo di assoggettare a conversione i beni immobili.

Lo Stato italiano riconosce agli istituti ecclesiastici ed alle associazioni religiose la capacità di acquistare beni, salve le disposizioni delle leggi civili concernenti gli acquisti dai corpi morali.

Lo Stato italiano, finché con nuovi accordi non sarà stabilito diversamente, continuerà a supplire alle deficienze dei redditi dei benefìci ecclesiastici con assegni da corrispondere in misura non inferiore al valore reale di quella stabilita dalle leggi attualmente in vigore: in considerazione di ciò, la gestione patrimoniale di detti benefìci, per quanto concerne gli atti e contratti eccedenti la semplice amministrazione, avrà luogo con intervento da parte dello Stato italiano, ed in caso di vacanza la consegna dei beni sarà fatta colla presenza di un rappresentante del Governo, redigendosi analogo verbale.

Non sono soggetti all’intervento suddetto le mense vescovili delle diocesi suburbicarie ed i patrimoni dei capitoli e delle parrocchie di Roma e delle dette diocesi. Agli effetti del supplemento di congrua, l’ammontare dei redditi, che su dette mense e patrimoni sono corrisposti ai beneficiati, risulterà da una dichiarazione resa annualmente sotto la propria responsabilità dal Vescovo suburbicario per le diocesi e dal Cardinale Vicario per la città di Roma.

Art. 31

L’erezione di nuovi enti ecclesiastici od associazioni religiose sarà fatta dall’autorità ecclesiastica secondo le norme del diritto canonico: il loro riconoscimento agli effetti civili sarà fatto dalle autorità civili.

Art. 32

I riconoscimenti e le autorizzazioni previste nelle disposizioni del presente Concordato e del Trattato avranno luogo con le norme stabilite dalle leggi civili, che dovranno essere poste in armonia con le disposizioni del Concordato medesimo e del Trattato.

Art. 33

È riservata alla Santa Sede la disponibilità delle catacombe esistenti nel suolo di Roma e delle altre parti del territorio del Regno con l’onere conseguente della custodia, della manutenzione e della conservazione.

Essa può quindi, con l’osservanza delle leggi dello Stato e con salvezza degli eventuali diritti di terzi, procedere alle occorrenti escavazioni ed al trasferimento dei corpi santi.

Art. 34

Lo Stato italiano, volendo ridonare all’istituto del matrimonio, che è base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili.

Le pubblicazioni del matrimonio come sopra saranno effettuate, oltre che nella chiesa parrocchiale, anche nella casa comunale.

Subito dopo la celebrazione il parroco spiegherà ai coniugi gli effetti civili del matrimonio, dando lettura degli articoli del codice civile riguardanti i diritti ed i doveri dei coniugi, e redigerà l’atto di matrimonio, del quale entro cinque giorni trasmetterà copia integrale al Comune, affinché venga trascritto nei registri dello stato civile.

Le cause concernenti la nullità del matrimonio e la dispensa dal matrimonio rato e non consumato sono riservate alla competenza dei tribunali e dei dicasteri ecclesiastici.

I provvedimenti e le sentenze relative, quando siano divenute definitive, saranno portate al Supremo Tribunale della Segnatura, il quale controllerà se siano state rispettate le norme del diritto canonico relative alla competenza del giudice, alla citazione ed alla legittima rappresentanza o contumacia delle parti.

I detti provvedimenti e sentenze definitive coi relativi decreti del Supremo Tribunale della Segnatura saranno trasmessi alla Corte di Appello dello Stato competente per territorio, la quale, con ordinanze emesse in Camera di Consiglio, li renderà esecutivi agli effetti civili ed ordinerà che siano annotati nei registri dello stato civile a margine dell’atto di matrimonio.

Quanto alle cause di separazione personale, la Santa Sede consente che siano giudicate dall’autorità giudiziaria civile.

Art. 35

Per le scuole di istruzione media tenute da enti ecclesiastici o religiosi rimane fermo l’istituto dell’esame di Stato ad effettiva parità di condizioni per candidati di istituti governativi e candidati di dette scuole.

Art. 36

L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che l’insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da stabilirsi d’accordo tra la Santa Sede e lo Stato.

Tale insegnamento sarà dato a mezzo di maestri e professori, sacerdoti o religiosi, approvati dall’autorità ecclesiastica, e sussidiariamente a mezzo di maestri e professori laici, che siano a questo fine muniti di un certificato di idoneità da rilasciarsi dall’Ordinario diocesano.

La revoca del certificato da parte dell’Ordinario priva senz’altro l’insegnante della capacità di insegnare.

Pel detto insegnamento religioso nelle scuole pubbliche non saranno adottati che i libri di testo approvati dall’autorità ecclesiastica.

Art. 37

I dirigenti delle associazioni statali per l’educazione fisica, per l’istruzione premilitare, degli Avanguardisti e dei Balilla, per rendere possibile l’istruzione e l’assistenza religiosa della gioventù loro affidata, disporranno gli orari in modo da non impedire nelle domeniche e nelle feste di precetto l’adempimento dei doveri religiosi.

Altrettanto disporranno i dirigenti delle scuole pubbliche nelle eventuali adunate degli alunni nei detti giorni festivi.

Art. 38

Le nomine dei Professori dell’Università Cattolica del S. Cuore e del dipendente Istituto di Magistero Maria Immacolata sono subordinate al nulla osta da parte della Santa Sede, diretto ad assicurare che non vi sia alcunché da eccepire dal punto di vista morale e religioso.

Art. 39

Le Università, i Seminari maggiori e minori, sia diocesani sia interdiocesani sia regionali, le accademie, i collegi e gli altri istituti cattolici per la formazione e la cultura degli ecclesiastici continueranno a dipendere unicamente dalla Santa Sede, senza alcuna ingerenza delle autorità scolastiche del Regno.

Art. 40

Le lauree in sacra teologia date dalle Facoltà approvate dalla Santa Sede saranno riconosciute dallo Stato italiano.

Saranno parimenti riconosciuti i diplomi che si conseguono nelle scuole di paleografia, archivistica e diplomatica documentaria erette presso la biblioteca e l’archivio nella Città del Vaticano.

Art. 41

L’Italia autorizza l’uso nel Regno e nelle sue colonie delle onorificenze cavalleresche pontificie mediante registrazione del breve di nomina, da farsi su presentazione del breve stesso e domanda scritta dell’interessato.

Art. 42

L’Italia ammetterà il riconoscimento, mediante Decreto Reale, dei titoli nobiliari conferiti dai Sommi Pontefici anche dopo il 1870 e di quelli che saranno conferiti in avvenire.

Saranno stabiliti casi nei quali il detto riconoscimento non è soggetto in Italia al pagamento di tassa.

Art. 43

Lo Stato italiano riconosce le organizzazioni dipendenti dall’Azione Cattolica Italiana, in quanto esse, siccome la Santa Sede ha disposto, svolgano la loro attività al di fuori di ogni partito politico e sotto l’immediata dipendenza della gerarchia della Chiesa per la diffusione e l’attuazione dei principî cattolici.

La Santa Sede prende occasione dalla stipulazione del presente Concordato per rinnovare a tutti gli ecclesiastici e religiosi d’Italia il divieto di iscriversi e militare in qualsiasi partito politico.

Art. 44

Se in avvenire sorgesse qualche difficoltà sulla interpretazione del presente Concordato, la Santa Sede e l’Italia procederanno di comune intelligenza ad una amichevole soluzione.

Art. 45

Il presente Concordato entrerà in vigore allo scambio delle ratifiche, contemporaneamente al Trattato, stipulato fra le stesse Alte Parti, che elimina la « questione romana ».

Con l’entrata in vigore del presente Concordato, cesseranno di applicarsi in Italia le disposizioni dei Concordati decaduti degli ex-stati italiani. Le leggi austriache, le leggi, i regolamenti, le ordinanze e i decreti dello Stato italiano attualmente vigenti, in quanto siano in contrasto colle disposizioni del presente Concordato, si intendono abrogati con l’entrata in vigore del medesimo.

Per predisporre la esecuzione del presente Concordato sarà nominata, subito dopo la firma del medesimo, una Commissione composta da persone designate da ambedue le Alte Parti.

Roma, undici febbraio millenovecentoventinove.

Firmato:
PIETRO Cardinale GASPARRI
BENITO MUSSOLINI