L'Islam in Cina

 

Il kit formativo L'Islam in Cina è stato realizzato grazie al contributo di Amina El Ganadi, student fellow presso Fscire, membro dell’équipe impegnato a sviluppare il cantiere di ricerca Plorabunt – Martirologio degli oranti. Il kit illustra gli eventi e le relazioni che hanno consolidato la presenza dell'Islam in area cinese, con attenzione agli aspetti storici e all'attualità odierna, per conoscere le dinamiche culturali e politiche che contraddistinguono i rapporti tra l'establishment e i musulmani che vivono in Cina, così come tra cinesi e paesi arabo-musulmani.

Data Creazione:
Gio, 03/11/2022 - 09:14
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L'Asia islamica

 
Il percorso per approfondire la storia e le attuali vicende legata alla presenza dell'Islam in Cina inizia con il testo di Maria Vittoria Fontana per Il mondo dell'Archeologia pubblicato online dall'Istituto Treccani, che fornisce un inquadramento generale sulla presenza musulmana in Asia a partire dal VII secolo.
 
Il fondatore dell'Islam, il Profeta Muhammad, proveniva dalla Penisola Arabica. I popoli vinti dai primi Arabi musulmani che mossero il loro cammino di espansione per conquistare nel nome dell'Islam sia le regioni asiatiche sia quelle mediterranee, appartenevano a varie entità politiche e religiose, tuttavia furono due i principali imperi con cui i nuovi conquistatori vennero in contatto: quello bizantino e quello sasanide.
La conquista di Damasco fu una delle più difficili (ottenuta a seguito di una violenta battaglia in riva allo Yarmuk presso il Lago di Tiberiade nel 636) ma aprì la strada alle successive vittorie e l'area siro-palestinese fu in mano musulmana già nel 640; la battaglia di Qadisiyya, nel 637, segnò la conquista della capitale persiana Ctesifonte, la successiva vittoria di Nihavand, nel 642, permise poi l'annessione dell'intero territorio iranico (l'ultimo re sasanide, Yazdaghird, fu ucciso nel 651). Mentre dalla Penisola Arabica i musulmani avevano espulso ebrei e cristiani, nei nuovi territori conquistati non fu adottato il sistema della conversione di massa: era fondamentale la resa incondizionata, a cui faceva seguito il pagamento delle tasse. Non vennero sottratti i poteri alle autorità locali, anche quelle religiose. La formazione dell'espressione artistica islamica, frutto di un lento ma costante percorso di sintesi e innovazione, ebbe luogo nei territori siro-mesopotamici. Il califfato (quello dei "califfi ben guidati", dalla morte di Muhammad nel 632 sino al 661; quello omayyade, 661-750, e poi abbaside, 750-1258) e le varie dinastie (succedutesi già nel corso del califfato abbaside ma anche in seguito) diedero vita a un'arte animata da un linguaggio nuovo ‒ espressione di una cultura unificatrice del mondo arabo, bizantino, sasanide ‒ che l'ha fornita di uno speciale carattere di unità e di unitarietà, sino a quel momento ignote, e del conseguente appellativo, religioso-culturale ma senz'altro univoco, di "arte islamica".
 
 
Data: 16 Ottobre 2022
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L’arrivo della cultura islamica in Cina

 

Marco Costa, nell'articolo pubblicato per il Centro Studi "Eurasia-Mediterraneo", descrive gli eventi che portarono alla nascita e al consolidamento della presenza islamica in Cina, tra il VII e il XIII secolo.

 

L’intreccio tra questione etnica, questione religiosa e questione territoriale nella Cina antica è assai complesso. Nell’immaginario collettivo occidentale la Cina è spesso erroneamente percepita come una nazione costituita da un’unica nazionalità – quella Han – del tutto omogenea. In realtà la Repubblica Popolare Cinese sancisce già nel preambolo della propria Costituzione che essa “è uno Stato unitario multietnico alla cui creazione hanno contribuito i popoli di tutte le sue nazionalità”.1 Secondo il quadro normativo vigente, il Governo cinese riconosce ufficialmente 56 nazionalità e tra queste i cinesi Han rappresentano la maggioranza della popolazione e gli Hui (in larghissima maggioranza musulmani) costituiscono la terza grande minoranza nazionale, dopo gli Zhuang e i Manciù, ben prima dell’altra comunità islamica di cui si parla, ovvero quella degli Uiguri. Da un punto di vista antropologico, diversi studiosi si sono occupati del tema delle minoranze etniche in Cina, e possiamo ricordare almeno Dru Gladney, Michael Dillon e Jean Berlie.
Questo per ribadire ulteriormente il concetto – purtroppo non scontato – che il territorio dello Xinjiang non è popolato solamente dalla popolazione uigura, la quale non è assolutamente l’unica rappresentante dell’Islam nella Repubblica Popolare Cinese.
 
 
Data: 16 Ottobre 2022
3

L’area Niujie di Pechino

Data: 26 Ottobre 2022
Numero pagine: -
Autore: Amina El Ganadi
Anno Pubblicazione: 2022
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La grande moschea di Xi'an

Data: 26 Ottobre 2022
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La Via della Seta

La Via della Seta è stata a lungo considerata come una strada che veniva percorsa prevalentemente da cortei di cammelli guidati da mercanti dediti esclusivamente al commercio, ma i documenti e le prove archeologiche pervenuteci ci permettono di contestare questa impressione. Non tutti coloro che percorrevano la Via della Seta erano alla ricerca di ricchezze. Anche i missionari percorrevano queste piste carovaniere verso terre lontane per conquistare nuovi adepti e creare nuovi centri per la loro fede. Queste piste carovaniere erano infatti attraversate da monaci, schiavi, missionari, soldati, artisti, artigiani e così via. Pochi viaggiatori ebbero modo di vedere le due estremità della Via della Seta; la maggior parte dei commercianti viaggiava dalla propria casa fino al mercato per poi tornare indietro. I Sogdiani, che vivevano al centro della Via della Swta, furono un’eccezione. Essi attraversarono la Via della Seta dall’est della Cina fino ad ovest di Costantinopoli in cerca di commercio.1
Probabilmente, il ruolo più importante svolto dalle Vie della Seta fu quello di favorire i contatti e facilitare gli scambi tra popoli diversi. Fu la società islamica il principale agente di trasmissione delle conoscenze e delle tecnologie tra Oriente e Occidente nell’età postclassica. Sin dagli inizi ebbe chiara consapevolezza dell’importanza delle culture cinesi e indiane alle quali guardò con particolare interesse.2 Per poter negoziare con successo, i commercianti impararono le lingue e i costumi dei paesi verso i quali viaggiavao. L’interazione culturale fu un aspetto vitale dello scambio materiale. Le conoscenze relative alle scienze, arti e letteratura così come l’artigianato e le tecnologie vennero condivise tra le Vie della Seta, e in questo modo, anche le lingue, le religioni e le culture si svilupparono e si influenzarono l’un l’altra. Inoltre, molti viaggiatori si avventurarono lungo le piste carovaniere al fine di partecipare a questo processo di scambio intellettuale e culturale che si svolgeva lungo questi itinerari.
Lungo queste rotte commerciali, che collegavano la Cina, l’Asia occidentale e il mondo mediterraneo, non c’è stato solo uno scambio di merci da un popolo all’altro ma sono state trasmesse idee, arte, lingue, nuove tecnologie e soprattutto religioni. È stato infatti lungo queste rotte che, il buddismo prima e l’Islam poi trovarono la via verso la Cina.3

Il Dizionario di Storia pubblicato dall'Istituto Treccani propone un breve inquadramento sulla Via della Seta.

 

Termine che indica quell’insieme di percorsi carovanieri e rotte commerciali che congiungeva l’Asia orientale, e in particolare la Cina, al Vicino Oriente e al bacino del Mediterraneo, coniato dallo studioso tedesco F. von Richtofen (Seidenstrassen). Il termine soprattutto sintetizza gli intensi traffici e gli scambi culturali collegati al commercio, di cui la seta era il prodotto principale, intercorsi tra Oriente e Occidente dal 1° sec. a.C. La seta cominciò a uscire con regolarità dalla Cina dopo il 200 a.C., quando fu utilizzata per pagare i tributi che gli xiongnu avevano imposto all’imperatore; il mondo romano la conobbe attraverso gli stendardi dei parti nella battaglia di Carre (53 a.C.) e da allora ne divenne il principale consumatore determinando l’incremento dei traffici commerciali tra Occidente e Oriente. Nella porzione occidentale, gli itinerari sono sempre stati molteplici e variabili nel tempo secondo le condizioni storico-economiche dei Paesi attraversati

 

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Per scoprire i luoghi della Via della Seta, guarda Kashgar, la porta sul Regno di Mezzo, su raiplay.it...

 


NOTE

1 Whitfield Susan, The Silk Road: Trade, Travel, War and Faith, Chicago, Serindia Publications, 2004, p. 13.
2 N. Steams Peter, Atlante delle culture in movimento, Bruno Mondadori, 2005, p. 76.
3 Twitchett Denis, “Sui and T’ang China and the wider world”, in: The Cambridge History of China, vol. 3, part 1, a cura di Denis Twitchett, John K. Fairbank, New York, Cambridge University Press, 2008, p. 34.

 

Data: 16 Ottobre 2022
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Ibn Baṭṭūta

 

Secondo le testimonianze scritte riportate negli annali cinesi, l’Islam arrivò in Cina probabilmente durante il periodo Tang (VII-IX secolo). I primi coloni che si insediarono in Cina erano mercanti arabi e persiani i quali, dopo aver viaggiato attraverso le rotte marittime che circondavano l’India in cerca di un commercio remunerativo, decisero di stabilirsi definitivamente nelle città costiere che si trovavano lungo il Mare della Cina, come ad esempio Quanzhou, Guangzhou, Hangzhou e Yangzhou.1
Nel momento in cui l'islamizzazione dei popoli dell'Asia centrale prevalse e le rotte commerciali che attraversavano la Cina furono dominate dai musulmani, sempre più popoli di fede islamica si insediarono in Cina. Così, mentre la comunità originaria di Quanzhou (nella provincia del Fujian), composta prevalentemente da indiani buddhisti che vi avevano risieduto ben prima dei musulmani diminuiva gradualmente, i musulmani si impadronirono di questa città vecchia, alla quale successivamente diedero il nome arabo di Zaitun. La comunità musulmana che si stabilì a Quanzhou / Zaitun era certamente la più significativa, e fu così per secoli. Essa portava le caratteristiche chiave della presenza islamica in Cina tra l’VIII e il XIII secolo: una comunità marittima di mercanti, i cui stretti e frequenti legami commerciali con il mondo islamico garantivano una migrazione costante di musulmani.2
Le testimonianze di grandi viaggiatori come Ibn Battuta (700 A.H/1369) ci dimostrano che vi erano fiorenti colonie mercantili nelle città costiere cinesi sopracitate. È proprio Ibn Battuta che riporta di una colonia musulmana insediata nei pressi del porto marittimo di Quanzhou, in una città separata, con un qadi (giudice islamico), uno shaykh al-Islam (titolo onorifico usato per quegli studiosi che eccellevano nelle scienze islamiche), un convento sufi e una colonia di importanti commercianti che, a giudicare dalle loro nisba (aggettivo arabo che indica la loro origine, la provenienza, l’appartenenza) erano tutti persiani.3

Ibn Battuta, il più grande viaggiatore del Medioevo è un contributo di Javier Leralta pubblicato su Storica, rivista edita online del National Geographic, in cui si racconta la sua storia.

 

 

Quando aveva 21 anni, Ibn Battuta abbandonò la sua casa natale, a Tangeri, in Marocco, con il proposito di compiere uno dei cinque comandamenti della fede musulmana, il pellegrinaggio a La Mecca, e approfittare per ampliare i suoi studi giuridici in Egitto e in Siria. «Presi dunque la decisione di abbandonare le mie amiche e i miei amici e mi allontanai dalla mia patria proprio come gli uccelli lasciano il nido», avrebbe scritto tempo dopo. Tornò solo dopo aver compiuto 45 anni, per ripartire subito alla volta di nuove destinazioni, verso Al-Andalus e il sud del Sahara.
In totale, durante quasi trent’anni, dal 1325 al 1354, viaggiò per mezzo mondo, dal Nord Africa fino in Cina, percorrendo il sudest europeo, il Medio Oriente, il centro e il sudest asiatico, la Russia, l'India, il Kurdistan, il Madagascar, Zanzibar, Ceylon o, in Occidente, i regni di Aragona e Granada e del Mali, che avrebbe visitato in viaggi successivi. In totale percorse più di 120.000 kilometri e conobbe più di 1500 persone, molte delle quali cita puntualmente nel suo libro di viaggio...

 

(immagini di Amina El Ganadi)

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NOTE

1 Israeli Raphael, Islam in China. Religion, Ethnicity, Culture, and Politics, Lexington Book 2002, p. 291.
2 Zvi Ben-dor Benite, “Follow the White Camel: Islam in China to 1800” In The New Cambridge History of Islam Volume, vol. 3, Ed. by D. O. Morgan, A. Reid, New York: Cambridge University Press, 2011, p. 414.
3 Ibn Battuta, The Travels of Ibn Battuta, vol. IV, London: The Hakluyt Society, 1994, pp. 889-896; Francesco Zannini, L'Islam nel cuore dell'Asia. Dal Caucaso alla Thailandia, 2012, p. 89.
Data: 16 Ottobre 2022
7

Zheng He

 

Le rotte commerciali seguite da Zheng He e dalle sue flotte erano le stesse che gli arabi e persiani avevano seguito per secoli. Queste rotte giungevano fino alla costa orientale dell’Africa. La presenza predominante di commercianti e di sistemi politici musulmani, lungo le rotte commerciali esistenti, probabilmente influenzò la decisione dell’imperatore Yongle di assegnare, quindi a far condurre, gran parte delle missioni marittime ad un equipaggio composto prevalentemente da musulmani. Ognuna di queste missioni comprendeva centinaia di navi e fino a 30.000 soldati. Come Zheng He anche altri comandanti delle flotte cinesi dei Ming erano musulmani così come alcuni soldati e marinai che prendevano parte alle missioni marittime. Queste missioni hanno svolto, in maniera del tutto involontaria, un ruolo importante nel collegare insieme le principali comunità musulmane presenti nel sud della Cina, nel Sud-est asiatico e in India con le società dei grandi centri islamici dell’Asia occidentale.1

L'Università di Pisa mette a disposizione una dispensa grazie alla quale è possibile scoprire la storia di un altro viaggiatore, l'ammiraglio cinese Zheng He, vissuto nel XIV secolo.

 

La storia delle spedizioni navali di Zheng He è rimasta a lungo sepolta negli stereotipi eurocentrici della storia delle scoperte geografiche e nella visione di una Cina immobile e dispotica, senza dinamiche interne. Soltanto recentemente, sulla base degli studi di Louise Levathes (When China Ruled the Seas, Oxford University Press, New York, 1996), fatti conoscere in Italia da un giornalista attento alla storia cinese (vedi scheda 1 e 2), si è aperto uno squarcio di luce su questa realtà. Si è andati anche oltre, fino ad ipotizzare una improbabile “scoperta” dell’America da parte dei cinesi, poi rifiutata dagli stessi studiosi e governanti cinesi (vedi scheda 3) . Oggi la realtà delle spedizioni navali cinesi del primo Quattrocento appare più chiara e di grande interesse per la ricostruzione della storia delle dinamiche interne della storia cinese e dei rapporti tra Occidente ed Oriente.

 

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Per approfondire leggi anche I viaggi di Zheng He nei mari occidentali hanno aperto la porta degli scambi di amicizia tra la Cina e l'Africa, su italian.cri.cn...

 


NOTE

1 Geoff Wade, The Eastern Islamic World, Eleventh to Eighteenth Centuries, in: David O. Morgan, Anthony Reid “The New Cambridge History of Islam”, vol. 3: California: Cambridge University Press, 2011, pp. 391-92.

 

 

 

Data: 16 Ottobre 2022
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Cina e islam: dove si grida «Allahu Akbar»

 

Alessia Virdis, in un contributo alla rivista Limes pubblicato pochi anni fa, si occupa di descrivere l'attuale condizione della minoranza musulmana in Cina.

 

«Allahu Akbar». L’hanno gridato alcuni giovani cinesi uiguri (Weiwu’erzu) per le strade di Urumqi nei giorni dell’escalation di violenza che li ha visti protagonisti insieme ai cinesi Han e agli agenti dei corpi militari e paramilitari. Non solo uiguri, ma anche Hui e kazaki (Hasakezu), oltre a pochissimi Han: sono almeno 20 milioni i musulmani in Cina e sono dieci le minoranze etniche di fede islamica tra le 55 riconosciute dalla Repubblica Popolare (1).
Secondo alcune fonti, però, i musulmani cinesi sarebbero cento milioni, 16 dei 55 gruppi etnici riconosciuti dallo Stato (2), mentre secondo un amico giornalista cinese, 20 milioni sarebbero solo gli uiguri del Xinjiang. Oltre a uiguri (8.399.393), Hui (9.816.805) e kazaki (1.250.458), sono musulmani anche Dongxian (513.805), kirghizi (Ke’erkezizu, 168.823), Sala (104.503), tajiki (Tajikezu, 41.028), Bonan (Bao’anzu16.505), uzbeki (Wuzibiekezu, 12.370) e Tatar (Tata’erzu, 4.890) (3).

 

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Data: 16 Ottobre 2022
9

Pechino e le minoranze etniche

 

Il tema dei rapporti tra le istituzioni cinesi e le minoranze etniche e religiosi che vivono nel vastissimo territorio del Paese asiatico è trattato nell'articolo di Elena Giudice Pechino e le minoranze etniche: tentativi di “coesistenza armoniosa”, pubblicato sul sito del Centro Studi Internazionali, think tank indipendente istituito a Napoli nel 1992.

 
Gli sforzi del partito comunista di “rieducare” la popolazione nell’area dello Xinjiang negli ultimi anni sono stato oggetto di ampia copertura mediatica. Dal 2017 ad oggi abbiamo assistito ad una rapida intensificazione delle attività governative nell’area, più recentemente tornate sotto scrutinio internazionale dopo l’accusa da parte della ex amministrazione americana Trump, che li ha definiti come celati tentativi di genocidio culturale e che vedono come target la minoranza uigura (posizione poi sostenuta anche dal nuovo Segretario di Stato Blinken).
 Tuttavia questa volontà di uniformazione ed assimilazione etnica, oltre ad essere dettata da ragioni pragmatiche di controllo sociale, affonda le sue radici nei trascorsi storici e politici della Repubblica Popolare ed ha anche strettamente a che fare con la stessa percezione delle minoranze etniche nel paese. Per cui i fenomeni dello Xinjiang rappresentano un esempio certamente estremo ma non esclusivo.  

 

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Data: 16 Ottobre 2022
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Le due principali minoranze etniche musulmane in Cina: gli Hui e gli Uiguri

 

Ilaria Maria Sala, giornalista italiana collaboratrice di «The Guardian», «Hong Kong Free Press» e «Internazionale», ha pubblicato su «Il Manifesto» l'articolo La radicalizzazione lenta del mondo parallelo degli «hui», nel quale affronta il tema delle comunità musulmane in Cina oggi.

 

In qualunque città cinese ci si trovi, si può star certi di imbattersi in ristoranti con la vetrina abbellita da uno striscione verde e parole scritte in arabo. In caratteri cinesi, questi ristoranti annunciano lamian (un tipo di spaghetti freschi, tirati a mano), e manzo e agnello spolverati di cumino. Ristoranti piccoli e a buon mercato, decorati all’interno da grandi poster di panorami montani e minareti.
 
I proprietari e gestori di questi locali halal appartengono al gruppo etnico-culturale cinese hui. È la seconda «etnia» cinese musulmana più importante del paese, subito dopo gli uiguri. Si tratta di più di dieci milioni di persone, concentrate nelle regioni del nord-ovest ma sparse anche in tutta la Cina, ma che, contrariamente agli uiguri del Xinjiang, parlano mandarino, e i vari dialetti locali dei posti in cui vivono. Gli hui sono particolarmente numerosi nel Gansu, tanto a Lanzhou (capitale provinciale e patria dei lamian), che a Linxia, una cittadina detta «piccola Mecca cinese»; così come nel Ningxia – la «regione autonoma» a maggioranza hui, dove è appena stato costruito un parco a tema «islamico» per turisti – e nello Shanxi, dove la presenza di questi musulmani assimilati è maggiormente vistosa.

 

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Per approfondire leggi anche le voci Hui e Uiguri sull'Enciclopedia pubblicata online dall'Istituto Treccani.

Leggi la voce Hui su treccani.it...

Leggi la voce Uiguri su treccani.it...

 

 

Data: 26 Ottobre 2022
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Le minoranze musulmane nel quadro delle relazioni sino-arabe

 

Le odierne relazioni tra Cina e paesi arabo-musulmani sono state affrontate su Sinosfere da Tommaso Previato, nell'articolo Le minoranze musulmane nel quadro delle relazioni sino-arabe. Vecchi e nuovi processi di inclusione.

 

Genocidio etnico e persecuzione religiosa, termini che sembravano passati di moda ormai da un pezzo, riappaiono oggi fortuitamente sulle pagine di ogni maggiore quotidiano internazionale riempiendo le rubriche dedicate alla Cina. Numerosi sono i riferimenti ai campi di rieducazione nella regione autonoma uigura dello Xinjiang (XUAR) dipinta dalle autorità cinesi come la roccaforte del terrorismo islamico nel paese. Poco o nulla si dice invece di quanto categorie di etnia e religione vengano talvolta manipolate, più o meno coscientemente, dalle élite di quegli stessi gruppi minoritari sottoposti a rieducazione per favorire i propri interessi locali, da una parte, e/o promuovere l’agenda globalista della leadership comunista (PCC), dall’altra. Questo breve saggio esamina il ruolo svolto da alcuni segmenti della popolazione musulmana cinese nel consolidare gli obiettivi politici e la prassi ideologica del partito fuori e dentro i confini nazionali.

 

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Data: 16 Ottobre 2022
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Uiguri: l’Onu accusa Pechino

 

La redazione di ISPI Online Publications ha pubblicato nel settembre del 2022 un articolo sulla condizione degli Uiguri in Cina sulla base dei rapporti ONU, in cui si riportano anche le reazioni cinesi riguardo alle accuse di detenzione di massa e la repressione sistematica della popolazione uigura e di altri gruppi etnici a maggioranza musulmana nell’ovest della Cina. Il tema, al centro del dibattito internazionale, permette una riflessione conclusiva sull'attuale condizione delle minoranze musulmane in Cina.

 

La Cina avrebbe commesso “gravi violazioni dei diritti umani” contro la minoranza uigura nella regione occidentale dello Xinjiang: a formulare l’accusa è un atteso rapporto delle Nazioni Unite la cui pubblicazione era stata rinviata per circa un anno. I crimini a cui si riferisce il rapporto – redatto dall’Alta commissaria per i diritti umani dell’Onu, Michelle Bachelet – riguardano tra le altre cose la detenzione di massa e la repressione sistematica della popolazione uigura e di altri gruppi etnici a maggioranza musulmana nell’ovest della Cina. La pubblicazione del documento – che non fa riferimento ad atti di ‘genocidio’, un’accusa sostenuta dagli Stati Uniti – arriva in un momento di fortissime tensioni tra Washington e Pechino e dopo settimane di “enormi pressioni” su Bachelet, il cui mandato è scaduto appena poche ore dopo la divulgazione delle 48 pagine di inchiesta. Al plauso delle organizzazioni per i diritti umani, che in passato avevano accusato la commissaria di eccessiva ‘morbidezza’ nei confronti della Cina, è corrisposta l’ira di Pechino.

 

Per approfondire leggi

Uiguri su gariwo.net...

Cina, rapporto di Amnesty International: crimini contro l’umanità ai danni dei musulmani dello Xinjiang su amnesty.it...

 

 

 

 

Data: 26 Ottobre 2022