Dopo il suo rientro definitivo in Italia nel 1960, accolto nel convento di Udine, Padre David Maria Turoldo volle sperimentare il linguaggio cinematografico con il film Gli ultimi (1963), un'incursione sfortunata, ma convinta, in un mezzo di comunicazione popolare. Attraverso la vicenda del piccolo Checo e della sua famiglia contadina friulana, il film presentava la povertà non solo come miseria da combattere, ma anche come «ricchezza» di valori da recuperare contro l'alienazione della nascente società consumistica; tuttavia, questo racconto dai tratti autobiografici non ebbe successo in un'Italia in forte sviluppo economico, che preferiva dimenticare la sua recente povertà. La svolta arrivò con gli anni del Concilio Vaticano II, che Turoldo salutò con entusiasmo, e che gli aprirono la possibilità di insediarsi nel 1964 nell'abbazia diSant’Egidio a Fontanella di Sotto il Monte (Bergamo), paese natale di Papa Giovanni XXIII. Questo trasferimento fu la realizzazione di un duplice sogno: un progetto comunitario di fratellanza tra religiosi e laici e l'ambizione di fare di quel luogo «una piccola nuova Assisi», capitale della pace. Per quasi un trentennio, da Sotto il Monte, Turoldo poté dispiegare con libertà la sua azione e la sua parola, focalizzandosi su quattro fronti di intervento in linea con i documenti conciliari. Questi impegni portarono al culmine la sua vita, concentrandosi sulla Bibbia, con una produzione instancabile di commenti; sulla Liturgia, arricchita dai Cantici e dalla traduzione dei Salmi con l'aiuto di Gianfranco Ravasi; sulla Giustizia, intesa come fede «incarnata» nella storia e nei cammini di liberazione; e sulla Pace, che egli considerava «utopia che porta avanti il mondo» e legava strettamente al «rapporto dell’uomo con le cose», in nome di una concezione non depredatoria della natura. La sua voce tonante, definita «da cattedrale o da deserto», rimase difficile da dimenticare per chi la udì aprire o chiudere manifestazioni in piazze e strade. Nonostante fosse spesso emarginato per le sue posizioni controcorrente, la sua figura fu riassunta con efficacia dal cardinale di Milano Carlo Maria Martini in occasione delle esequie funebri, che lo definì: «Poeta, profeta, disturbatore delle coscienze, uomo di fede, uomo di Dio, amico di tutti gli uomini».

Leggiamo l’omelia del cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano, durante la celebrazione dei funerali di Padre Davide Maria Turoldonella chiesa di S.Carlo al Corso in Milano l’8 febbraio 1992:

 

Padre David, tu ci hai tanto profondamente insegnato a stimare il silenzio, in particolare il silenzio di Gesù: tu ci hai detto, stupendoci, che la vita di Gesù è stata avvolta più dal silenzio che dalla parola; tu ci hai esortato, di fronte al dolore di Maria per la morte del suo Figlio, a cantarlo nel silenzio:
“ Nessun profani il dolore e la morte :
non altro vi è di più caro nel mondo
che saper piangere il pianto dell’uomo,
essere chiesa così, del silenzio ! “
E il nostro, oggi, è anzitutto il tempo del silenzio, dell’affetto, della preghiera per te e con te, mentre siamo qui a rappresentare le innumerevoli folle di coloro che tu hai amato e che ti hanno tanto amato. Un silenzio anche necessario perché risuonino soltanto le parole vere, quelle dei vangeli.

 

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