Nel caso avessi già sentito parlare di “Simbolo” o “Credo”, il contenuto del simbolo di Nicea ti ricorda qualcosa?
Il testo del Simbolo di Nicea che vi viene riportato è il seguente:

 

“Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore di tutte le cose visibili e invisibili.
E in un solo Signore Gesù Cristo, il Figlio di Dio generato dal Padre unigenito, cioè dalla sostanza del Padre.
Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non fatto, della stessa sostanza del Padre, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, quelle nel cielo e quelle nella terra.
Egli per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso e si è incarnato, si è fatto uomo, ha patito ed è risorto il terzo giorno, è salito nei cieli e verrà a giudicare i vivi e i morti.
E nello Spirito santo.
Quelli che affermano: c’è stato un tempo in cui non esisteva, e: prima di essere stato generato non esisteva, e quelli che affermano che il Figlio di Dio è stato fatto dal nulla, o deriva da altra ipostasi o sostanza, o che è mutabile o alterabile, costoro condanna la Chiesa cattolica e apostolica”.

 

Per orientarti puoi leggere la sezione Il concilio di Nicea all’interno dell’Enciclopedia Costantiniana pubblicata dall'Istituto Treccani alla voce Il Concilio, curata da Manlio Simonetti, in cui si descrive la prima grande assemblea ecumenica convocata da Costantino per risolvere la controversia ariana. La dottrina di Ario, che subordinava radicalmente Cristo al Padre, fu condannata e venne redatto il Simbolo niceno, con l’affermazione decisiva che il Figlio è “della stessa sostanza” (homoousios) del Padre

 

Intorno al 320 il presbitero Ario cominciò a diffondere, ad Alessandria e ben presto in Egitto e altrove, una dottrina che deprimeva la dignità divina di Cristo, rispetto a quella somma di Dio Padre, in modo tale da provocare reazioni nell’ambiente alessandrino. Era una questione di lunga data: qui ci si limita a precisare che, considerato per tempo Cristo come entità divina, la difficoltà di conciliare questa dignità con la dominante concezione dell’unicità di Dio aveva suscitato difficoltà e polemiche che, nel II e III secolo, si erano puntualizzate in dottrine diverse. Ad Alessandria era ormai tradizionale, all’inizio del IV secolo, la concezione che considerava Cristo come Logos, cioè come parola divina, personalizzata in una entità sussistente, il Figlio di Dio, subordinata a Dio Padre, ma non in maniera così radicale come predicava Ario. Pertanto la sua dottrina viene condannata da Alessandro, vescovo di Alessandria, e dal clero alessandrino, e poi dai vescovi di tutto l’Egitto, sì che Ario è costretto a esulare in Palestina.

 

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Per approfondire segui il kit di Pars Il Concilio di Nicea e la sua eredità, a cura di Massimiliano Proietti. Vai al kit...