PERIODO TANNAITICO (secc. I-II e.v.)
È il primo periodo chiamato Tannaitico, termine che deriva dal verbo ebraico tannà che vuol dire insegnare; i Tannaiti sono i maestri delle prime generazioni dell’ebraismo rabbinico dei primi due secoli e.v. quindi anche contemporanei di Gesù e del suo movimento.
Il Talmud babilonese ritiene che la catastrofe succeduta alle guerre giudaiche metteva a rischio la sopravvivenza della tradizione orale dei Farisei, che era iniziata dal periodo del Secondo Tempio (536 a.C.–70). Occorre dunque precisare che il periodo rabbinico sorge proprio verso la fine del secondo tempio ossia nei secoli I e II e.v. lo stesso primo periodo noto come il periodo Tannaitico. Questo periodo è molto importante perché in esso, dopo i tredici fatti del 70 e.v., l’ebraismo cominciò a raccogliere, organizzare, strutturare e dare la redazione scritta a tutte le tradizioni interpretative della Bibbia soprattutto in funzione normativa. La Mishnàh è il corpus fondamentale più autoritativo di tutta la tradizione orale che riguarda i precetti, accanto alla Toràh scritta, che fu completata verso il V/IV secolo a.e.v. Infatti, secondo la tradizione rabbinica oltre alla Toràh scritta chiamata anche Pentateuco, esiste anche una Toràh orale cioè una serie di insegnamenti dati da Dio a Mosè e tramandati di generazione in generazione. Data la tragica situazione in cui si trova l’ebraismo con le tre guerre giudaiche contro Roma, la prima, nel 66-70, la seconda, nel 115-117 e la terza e ultima, nel 132-135 con la quale cessa la rivolta di Simon Bar Kokheba, che si era proclamato Messia. Dopo questa ultima guerra, il nome di Iudaea fu cambiato in quello di Syria e Palaestina → Con la redazione della Mishnàh, una parte importante dei precetti della Toràh viene messa per iscritto, ma ordinando tutti i materiali secondo gli argomenti, perché nella Bibbia ebraica questi materiali erano sparsi qua e là.
I maestri Tannaiti continuarono ad elaborare i precetti della Bibbia e in gran parte contenuti nella Toràh nei libri del Levitico e del Deuteronomio. Poi verso il 200/202 e.v. e comunque prima della sua morte un importante rabbino, Giuda il Principe (Yehudà ha-nasì) mise per iscritto quasi tutte queste tradizioni e interpretazioni della Toràh orale, mettendola anche a confronto con la Toràh scritta o Miqràh: si ha così la Mishnàh, termine che vuol dire “studio a ripetizione”. L’opera di Yehudà ha-nasì è molto importante, perché raduna e ordina per argomento i precetti della tradizione orale e della Toràh, che erano sparsi qua e là. Questa è la struttura della Mishnàh divisa in sei Ordini: Zera‘im (Semi), Mo‘ed (Tempo Stabilito / Festività), Nashim (Donne), Neziqin (Danni), Qodashim (Santità), Tohorot (Purezza e Impurità).
In questo periodo nascono anche alcuni tra i più importanti midrashìm, che è il plurale di Midràsh, e vuol dire indagine, ricerca esegetica. Deriva dalla radice ebraica daràsh che significa appunto indagare, ricercare qualcosa. Il Midràsh è quindi una ricerca esegetica su un testo biblico allo scopo di ricavarne un significato non immediato, letterale ma ulteriore che va al di là di quello più semplice che appare in superficie (il tutto con tecniche molto complesse e fantasiose). Ma con Midràsh si può intendere anche il risultato concreto dell’applicazione di questo metodo che può essere appunto un commento biblico di tipo midràshico. Il Midràsh può essere di due tipi:
- Midràsh halakico (o Halakàh): se è un testo biblico con lo scopo di ricavarne dei precetti, allora abbiamo un Midràsh halakico cioè un’indagine esegetica su testi prevalentemente normativi, tesa a cogliere dei precetti, delle norme di comportamento.
- Midràsh aggadico (o Haggadah): è preoccupato non tanto di cogliere norme di condotta in un determinato testo biblico, ma di cogliere dei significati ulteriori in vista di un’esortazione morale, di un’edificazione, di un incoraggiamento dei lettori o della comunità. Questo è un midràsh più narrativo (narrazione = haggadàh), il Midràsh aggadico appunto.
PERIODO AMORAICO (secc. III-V e.v.)
Il secondo è il periodo dei maestri amorei. La parola amorei vuol dire ripetitori o predicatori. Questi maestri non hanno fatto altro che riprendere gli insegnamenti precedenti che si erano cristallizzati nella Mishnàh. Erano degli studiosi che discutevano o ponderavano gli insegnamenti della Toràh orale nel periodo che va dal 200 al 500 circa nella Terra di Israele e in Babilonia. Le loro discussioni sulla interpretazione della legge orale vennero codificati nella Ghemara. Come abbiamo visto sopra, Tannaim trasmisero la tradizione orale non codificata, mentre gli Amoraim esaminarono e chiarificarono la legge orale dopo la sua codificazione iniziale.
Le prima accademie di studio palestinesi della Torah nella Terra d’Israele erano prima a Zippori, in Galilea meridionale poi a Cesarea e infine a Tiberiade. A Babilonia invece, le principali accademie ebraiche erano a Sura, poi a Pumbedita e, quindi, a Nehardea. Gli Amoraim delle Yeshivot (scuole e centri di studi ebraici) babilonesi e palestinesi erano in contatto fra di loro, mediante l’invio dei rabbini delle rispettive scuole a confrontandosi con l’altro centro di studio, in modo di risolvere le questioni relative alla fissazione della legge ebraica, basandosi sulla tradizione ricevuta ossia la Toràh Orale. Degli Amoraim di Palestina si distinguono cinque generazioni che si estendono dall’anno 250 e.v. al 380 e.v.; di quelli babilonesi si contano invece sette generazioni, dal 250 e.v. al 500 e.v. I primi scrissero il Talmud Palestinese o Yerushalmi o della Terra d’Israele, ma riuscirono a lavorare solo per una parte più breve e incompiuta rispetto al babilonese, per persecuzioni e massacri. Tuttavia, per quanto riguarda la cultura ebraica della Terra d’Israele, essa fu trasferita e trapiantata nei gruppi ebraici residenti in Puglia e Lucania, che a quell’epoca costituivano un’unica regione, quando nei secoli V-VI e successivi, in particolare nell’anno 430 e.v., a causa di persecuzioni e massacri, cessò l’istituto del Patriarcato ebraico di Galilea, vale a dire la presenza di un’autorità rabbinica che fungeva da sovrintendente o principe (nasi) delle comunità ebraiche e nelle accademie di studio palestinesi. Considerando che era parzialmente iniziata la redazione del Talmùd palestinese, anche questo fu trasferito nell’area apulo-lucana e rimase per secoli il Talmùd letto e copiato dagli ebrei dell’Italia meridionale. Gli ebrei pugliesi ereditarono nel V secolo e.v. la Bibbia e alla sua interpretazione, gli inni liturgici, le preghiere, l’esegesi della Torah orale e tutto il resto. Ci vollero circa cinque secoli perché questo patrimonio della Terra in cui nacque l’ebraismo si sviluppasse e diventasse una grande quercia, e uno dei fari più importanti che illuminarono le recentemente istituita scuola francese con il grande rabbino Rashi, e le yeshivot della Spagna proprio quando cessava la grande scuola babilonese, i cui maestri si trasferirono in occidente, in particolare nell’Italia meridionale. Le principali accademie rabbiniche apulo-lucane sorsero a Bari, Otranto, Oria e altri centri, che raggiunsero il loro apogeo nei secoli X-XII. Le accademie babilonesi, invece poterono lavorare più a lungo, scrivendo molti trattati del Talmud, anche se non de tutto completati, ma il Talmùd babilonese, la cui redazione cessò nel sec. VII e.v., fu eletto al Talmud per eccellenza e quello valido.
PERIODO TALMUDICO (secc. V-VIII e.v.)
Il terzo periodo si sovrappone parzialmente a quello amoraico, per l’inizio della redazione del Talmùd, e per questo è chiamato talmudico, per la redazione dei due Talmudim (plurale di Talmùd): quello palestinese e il babilonese. Abbiamo già spiegato che
- Il Talmùd palestinese viene redatto verso la fine del sec. V dalla scuola rabbinica della Palestina. Ma fu interrotto a seguito del precipitare della situazione politica ed è rimasto incompleto.
- Il Talmùd babilonese è redatto nella sua forma definitiva nel sec. VII, con delle aggiunte agli inizi del VIII; è molto più esteso dell’altro ed è diventato il Talmùd per eccellenza.
La parola Talmùd deriva dalla radice ebraica lamad che significa studiare ma anche insegnare. Il Talmud è nato in questo modo: la normativa contenuta nella Mishnàh dopo la sua redazione agli inizi del III secolo e.v., cominciò ad essere commentata e discussa nelle scuole rabbiniche. Ad esempio in una scuola rabbinica si recitava un passo della Mishnàh a cui seguiva l’interpretazione di più maestri, nasceva così tutta una serie di discussioni interpretative che spesso erano tra loro contrastanti. Ad un certo punto questo materiale, nato dalla discussione dei sapienti nelle accademie rabbiniche, venne raccolto sullo stile di una verbalizzazione e diede origine ad un corpus ulteriore rispetto a quello della Mishnàh, che è più sintetico, che fu chiamato Ghemarà che significa completamento, come un completamento della Mishnàh mediante la verbalizzazione delle discussioni tra i maestri della scuola rabbinica nel campo della vita religiosa ebraica.
Sostanzialmente il Talmud non è altro che l’insieme del testo della Mishnàh (che è al centro o all’inizio), seguito dalla rispettiva Ghemarà (che sta intorno alla Mishnàh), cioè dalla sua ulteriore spiegazione interpretativa fatta nei secoli successivi (dopo il 200 e.v.). Il periodo Talmudico che si chiude con la redazione del Talmud babilonese nel quale si compie il completamento delle fonti più importanti della letteratura rabbinica vale a dire: la Bibbia, la Mishnàh, che inizia sempre con un passo biblico, poi le interpretazioni dei vari Midrashìm e il Talmud come vertice principale.
PERIODO GAONICO (fine del sec. VI al sec. XI)
Il quarto è il periodo che si estende dal secolo 589-1038 e.v. e che vide germogliare nelle accademie rabbiniche babilonese quello che fu il faro dell’ebraismo mondiale per quattro o cinque secoli. Le principali accademie furono quelle con sede a Sura, Pumbedita, Nehardea, Machoza, Mata Mechasya e Naresh. La parola gaonico deriva da Ga’on che significa “eccellenza”. In questo periodo Babilonia è il centro mondiale più autorevole dell’ebraismo di tutto il mondo. I gheonìm sono i grandi maestri, che continuavano ad essere dei punti di riferimento per le interpretazioni normative che vengono inviate a loro dalle varie comunità ebraiche, alle quali danno dei responsi (letteratura di quesiti e responsi), considerati come autoritativi.
IL PERIODO MASORETICO
Tra il sec. VI e il X emerge l’opera dei masoreti. Il termine masoreta deriva da massorà e significa tradizione. Letteralmente i masoreti sono i tradizionalisti, non in quanto chiusi al progresso, ma perché ci hanno tramandato il testo ebraico arricchito di ciò che fino ad allora non esisteva: la vocalizzazione.
Le vocali, infatti, non facevano parte del testo scritto che comprendeva in origine solo le consonanti. Questo però aveva provocato seri problemi di interpretazione del testo nel periodo subito successivo all’esilio babilonese, quando l’ebraico cessò di essere la lingua parlata essendo stato progressivamente sostituito dall’aramaico. In un testo scritto in modo puramente consonantico molte parole possono essere interpretate diversamente. Non è di poco conto che i masoreti abbiano escogitato un sistema di lineette e puntini da apporre alle consonanti (le vocali appunto). È così che si sono avute le vocali, la pronunzia esatta delle parole e il loro significato.
I QARAITI
Durante il periodo Gaonico in Babilonia, verso la metà del sec.VIII, all’interno dell’ebraismo, si assiste alla nascita ed allo sviluppo del movimento Qaraita, che si contrappone al rabbinismo ufficiale. I Qaraiti affermano il valore normativo assoluto esclusivo della Bibbia, e rifiutano il concetto rabbinico della Toràh orale, in cui erano convenute tutte le tradizioni interpretative che si erano fissate nel corpo della Mishnàh e del Talmùd. I QKaraiti accettando come unica fonte autorevole la Toràh scritta.
Il nome Qaraita deriva dall’ebraico Qaràh che vuol dire leggere, proclamare ad alta voce e interpretare la Bibbia, che in ebraico si dice Miqràh mentre Qaràh è il lettore della Bibbia. I Qaraiti sono per un’interpretazione più letterale dei precetti della Toràh, preferendo un’interpretazione di tipo individuale della normativa biblica. Il movimento si diffuse in Palestina, Persia e si propagò poi in Asia, Egitto e Spagna. Questo movimento sussiste ancora oggi in Egitto e, in piccola parte, anche in Israele. Questo movimento fu combattuto dal giudaismo rabbinico, ma non ci fu una scomunica dei Qaraiti, che tuttavia furono ridotti a pochi. Una delle caratteristiche di questo movimento, che propone il ritorno assoluto al testo biblico, è anche quella di attuare un’esegesi improntata maggiormente a schemi interpretativi razionalistici, applicati alla Bibbia ed una certa assunzione filosofica greca, che in quegli anni veniva riscoperta attraverso la mediazione siriaca ed araba.
Il movimento Qaraita, fondato da Annan Ben David, in questo suo rigetto della Toràh orale, ossia di Mishnah e di Talmud, non viene considerato eretico, ma solo combattuto con la discussione. Prima di tutto perché all’interno del giudaismo non esiste un concetto rigoroso di ortodossia; in secondo luogo, perché i QKaraiti, nell’attribuire un valore primario alla Bibbia, si rifanno anche a tradizioni antiche che risalgono fino al tempo di Gesù e prima ancora ai settari di Qumran. Per loro vale solo il testo biblico, e anche l’esegesi della Bibbia si caratterizza in modo più rigoroso, abbandonando l’estrema ed eccessiva libertà del metodo midrashico.
(testo di Mauro Perani)