Il significato di Halakà e Haggadà è descritto nel brano tratto dal volume Una sapienza straniera. Filosofia ed ebraismo nel medioevo di  Luciana Pepi, che introduce all'ultima parte del kit sui testi fondanti dell'ebraismo.

 

Haggadah_Foto Francesco BonannoIn tutta la letteratura ebraica si trovano intrecciati tra loro halakà e haggadà. Questi possono essere definiti come due generi letterari ma anche come contenuto della letteratura rabbinica. Letteralmente halakà significa via, cammino, ed ancora norma o regola, indica l’insieme della normativa rituale e giuridica; deriva dalla radice h l k che vuol dire camminare, andare. Essa, infatti, indica la via che il popolo ebraico deve seguire. Si tratta dunque della raccolta delle disposizioni, in senso giuridico, che determinano una condotta di vita ispirata alla Torah e alle sue applicazioni, così come esse vengono stabilite dalla tradizione.1
La halakà si configura infatti come la regola e lo statuto da cui si è guidati, perciò rappresenta la parte normativa e giuridica della tradizione ebraica scritta ed orale, ed essendo contenuta nella rivelazione la sua origine è definita divina. Essa venne sviluppata dai rabbini che, partendo dal testo sacro, stipularono delle vere e proprie norme tutt’oggi valide per gli ebrei di tutto il mondo e ha essenzialmente il compito di semplificare, chiarire e soprattutto rendere sempre attuali le leggi contenute nella Torah. Si usa il termine halakà sia per indicare la singola norma che l’insieme di norme e dunque l’insieme delle azioni pratiche, i modi in cui l’individuo deve agire in ogni situazione.
È importante notare che il termine halakà, che indica la normativa, qualcosa che di per sé fissa, irrigidisce, sia espressa con una parola che intrinsecamente ha in sé l’idea dinamica di movimento, l’andare, il camminare, quasi a voler dire che anche nell’aspetto normativo, di per sé inflessibile ed irremovibile, occorre mantenere flessibilità e movimento. Nell’ottica ebraica anche la halakà va resa viva, dinamica, non deve divenire un rigido cammino che si ripercorre in modo automatico e meccanico.
L’halakà è di fondamentale importanza perché regola la vita individuale, sociale e religiosa del popolo ebraico; determina, con insegnamenti precisi e minuziosi, ogni ambito della vita quotidiana, la preghiera, l’alimentazione, la vita sessuale, i rapporti con il prossimo, con gli animali, con l’intero creato e con Dio.
 
L'adesione all'ebraismo non si estrinseca, come di solito avviene nei sistemi religiosi, con l’adesione a principi teorici, con delle dichiarazioni di fede, ma con l'azione e l'astensione da certi atti e da certi comportamenti. Così la tradizione ha precisato una lunga serie di norme, i seicentotredici precetti (in ebraico mizwot), il cui insieme costituisce la halakà. Tale normativa è contenuta nella Torah scritta, in quella orale e in gran parte nel Talmud.
Mentre l’halakà è la parte normativa, l’haggadà è quella narrativa. I Maestri, con lo stile che li caratterizza, nel tentativo di proporne una definizione, affermano che tutto ciò che non è halakà è haggadà. Il termine deriva dalla radice n g d che esprime l’idea di raccontare, narrare, dire, riferire. Haggadà è dunque l’insieme di racconti, leggende popolari, che rispondono al comando biblico del raccontare: «Racconterai ai tuoi figli […]» (Esodo13,8). Se l’halakà indica la profonda convinzione ebraica che il modo più autentico di conoscere Dio sta nel mettere in pratica la parola rivelata, l’haggadà esprime invece l’altrettanto irrinunciabile necessità di conservare una memoria viva e attuale delle opere di Dio e delle grandi figure che per prime hanno dialogato con il Dio d’Israele tramite il racconto, la narrazione.
L'uso dello strumento biblico implica un ruolo fondamentale, una funzione assolutamente significativa, del ricordo e del racconto, come mezzi di formazione. Così l’haggadà, il “racconto” appunto, attraverso realizzazioni allegoriche di fatti e personaggi biblici, cerca di produrre ulteriori strumenti educativi, sistemi di più immediata memorizzazione che facilitino la comprensione e l’apprendimento dei valori della Torah.  A caratterizzare l’interpretazione haggadica è il principio per cui ogni versetto della Torah conta una molteplicità di significati espressi e spiegati con una grande quantità di forme letterarie. Sia l’halakà che l’haggadà vengono alimentate attraverso la discussione, e testimoniano come il giudaismo rabbinico, lontano dal potersi dire un movimento monolitico, sia il risultato di un articolato dibattito. Esse sono presenti in tutta la letteratura ermeneutica ebraica, ed in particolare nei testi fondamentali per la cultura ed il pensiero ebraico: Mishnah, Talmud e Midrash.

 

Note

1 Cfr. G. Scholem, Concetti fondamentali dell'ebraismo, Marietti, Casale Monferrato 1986, pp. 83-84.

 


Approfondimenti

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