Gli animali divini partecipano ai miti delle divinità cui sono associati, e le accompagnano in modo costante nelle raffigurazioni. Essi sono complessivamente chiamati vahana, “veicoli”, “cavalcature”, perché le divinità sono spesso visualizzate sedute su di essi. Il vahana di Vishnu è Garuda, un grande uccello simile a un’aquila, o forse meglio a un avvoltoio, sul quale il dio muove nel cielo: l’immagine rafforza la valenza solare di Vishnu. Legato a Shiva è invece il toro Nandin (il “Gioioso”); l’animale compendia la sacralità dei bovini con la potenza erotica attribuita a Shiva. Brahma è, a sua volta, connesso con l’uccello chiamato hamsa, una maestosa oca bianca, che è simbolo antico del brahman, l’Assoluto. Il pavone è peculiare a Skanda, figlio di Shiva, e al suo omologo tamil Murugan; mentre la “cavalcatura” di Ganesha, il dio dalla testa elefantina anch’egli considerato figlio di Shiva, è un topolino, il quale sa superare tutti gli ostacoli, né più né meno come promette di concedere questo dio. Sulla tigre o il leone, che l’iconografia indiana tende a confondere, siede poi la dea Durga, il che ben si addice al suo ruolo di indomita combattente. Un discorso a parte merita infine un altro animale, cioè il serpente, o meglio il cobra (Coluber naga), che non è il contrappunto di un’altra divinità, bensì è tradizionalmente considerato divino esso stesso.