Dopo il 325, e il Concilio di Nicea, Costantino si imbarca in un grande programma di edificazione religiosa nella parte orientale dell’impero. Eusebio, vescovo di Cesarea, ci informa che la Palestina fu scelta come particolare beneficiaria di questa attività (Eusebius, De Laud. Const., IX), venendo così ad assumere una nuova fisionomia, marcatamente cristiana. Questi cambiamenti furono evidenti soprattutto a Gerusalemme, il cui ruolo, nel piano generale della riqualificazione cristiana voluta da Costantino, deve molto all’apporto dato dai vescovi, protagonisti dei dibattiti sulle principali questioni dogmatiche all’epoca ancora in via di definizione, e spesso committenti dello spazio liturgico.
Spesso, infatti, la cattedra gerosolimitana viene coinvolta: è qui che per esempio avvenne la riconciliazione di Ario (sinodo del 335: Eus., Vita Const. IV, 47; Ath., Syn, 21; Ath., apol sec. 84; Socr, h.e. I 33; e Thdt., h. e. I 31), alla fine di una disputa che perdurava dal 325. Anni, dunque, che videro intrecciarsi la questione ariana con l’avanzare dei lavori del cantiere del Santo Sepolcro, la cui dedicazione – non sappiamo se coincidente o meno con la fine dei lavori – si colloca proprio nel 335.
Per meglio comprendere la natura dei concili e l'impatto delle decisioni conciliari nel corso del tempo si invita a leggere la voce Concilio del Dizionario di Storia pubblicato online dall'Enciclopedia Treccani.
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Per approfondire
Perrone L., Da Nicea (325) a Calcedonia (451). I primi quattro concili ecumenici: istituzioni, dottrine, processi di ricezione, in G. Alberigo (ed.), Storia dei concili ecumenici, Brescia, 1990, pp. 11-118