L'azione di Padre David Maria Turoldo, pur toccando i campi più svariati (saggistica, articoli, teatro, cinema, traduzione dei Salmi e inni liturgici), trova il suo fondamento nella poesia. Egli stesso confessò che la sua concezione esistenziale e il suo impegno sociale, ecclesiale e culturale sono meglio compresi attraverso una "lettura lirica" unitaria delle sue attività. Il poeta Andrea Zanzotto lo riconobbe definendo la sua opera come costantemente riconnessa alla "presenza della poesia". Manifestò la sua vocazione poetica precocemente, iniziando a scrivere poesia giovanissimo e pubblicando le sue prime liriche ne L’Uomo, un periodico da lui stesso fondato con intenti chiaramente antifascisti. La sua opera si sviluppò in tre stagioni principali che riflettono il suo intenso percorso esistenziale e spirituale. La Prima Stagione, che va dagli anni Quaranta agli anni Sessanta, è caratterizzata da echi esistenzialisti ed ermetizzanti e riflette l'attivismo giovanile di Turoldo a Milano, dove avviò le attività della Corsia dei Servi e sostenne comunità come Nomadelfia, ma anche i successivi e dolorosi esili forzati. Le raccolte fondamentali di questo periodo includono Io non ho mani (1948), Udii una voce (1952), Gli occhi miei lo vedranno (1955) e Se tu non riappari (1963). Con la Seconda Stagione, sviluppatasi negli anni Settanta e Ottanta, la sua poesia divenne più segnata dall'urgenza dell'impegno sociale, adottando una prosasticità della cronaca e dedicandosi alle lotte per la giustizia e la pace che animarono la sua vita nell'abbazia di Sant'Egidio a Sotto il Monte (dal 1964). Tra le opere che incarnano questo periodo si annoverano Il sesto Angelo (1976), Fine dell’uomo?Il grande male (1987) e Nel segno del Tau (1988). Infine, con gli anni Novanta e l'aggravarsi della sua malattia che lo condusse alla morte nel 1992, domina una drammatica interrogazione sul male, su Dio e sul senso del tutto. Quest'ultima fase culminò con Canti ultimi (1991) e l'opera postuma, dal titolo ossimorico, Nel lucido buio. Leggiamo in Gabriel Del Sarto, Raccontare la verità. Saggio sulla poesia di David Maria Turoldo:

 

Wallace Stevens scrisse in Imagination as Value: «I grandi poemi del paradiso  e dell’inferno sono già stati scritti, ma rimane da scrivere il grande poema della  terra». È probabile che questo poema non sarà opera di uno solo, ma di diversi, semmai sarà scritto. Turoldo potrà, a mio avviso, essere annoverato fra costoro. La poesia di David Maria Turoldo è il tentativo di amare e tenere tutto questo  insieme: la polvere della terra, le infnite galassie, il nome di Dio. Perché se non  manterremo vivo l’amore – quel costante colloquio fra noi – anche il suo nome luminoso andrà in frantumi.

 

Per  approfondire la poesia di Padre Turoldo leggi «Rinverdirà ogni carne umiliata…». La poesia della terra, della storia, di Dio di David Maria Turoldo...