La rivista «Kervan. International Journal of Afro-Asiatic Studies», sul numero 4&5 edito nel 2007 pubblicò tra i contributi un articolo di Alberto Pelissero intitolato Fenomeni di fondamentalismo all'interno di una religione considerata come sistema complesso, utile per contestualizzare l'esperienza del movimento dell'hindutva
Se si desidera comprendere un fenomeno religioso è utile tenersi programmaticamente alla larga dai riduzionismi. Le interpretazioni che tendono a spiegare la religione nei termini di una sovrastruttura imputabile a un sostrato soggiacente di carattere ultroneo, sia esso l’economia (la religione come sosvrastruttura ideologica delle stratificazioni di classe, segno di legittimazione delle gerarchie esistenti nella società), il comportamento sociale (la religione come espressione simbolica dell’unità normativa della società), la psicologia di massa (il monoteismo come elaborazione di una figura paterna; il rinvio a archetipi scaturiti da un inconscio collettivo), un bisogno antropologico (la religione come risposta culturalmente elaborata all’esigenza di sfuggire alla mortalità), sono tutte accomuna te dall’errore metodologico che consiste nel negare autonomia al fenomeno religioso, che viene considerato un epifenomeno di una realtà soggiacente suscettibile di determinarlo in tutto e per tutto. Dall’àmbito di ricerca della sociologia della religione proviene un’ipotesi interpretativa dell’autonomia del fenomeno religioso che prende il nome di economia religiosa. Essa si fonda su tre presupposti: 1) i fenomeni religiosi hanno cause principalmente di natura appunto religiosa (ipotesi antiriduzionistica), 2) la modernizzazione non produce necessariamente né esclusivamente la secolarizzazione (ipotesi di resistenza del fenomeno religioso), 3) la religione che meglio si adatta alla modernizzazione, almeno in determinati contesti, non è la componente progressista bensì quella conservatrice.
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