Aldo Tollini, Lingua e illuminazione. L’insegnamento di Dōgen, in  Matilde Mastrangelo e Andrea Maurizi (a cura di) I dieci colori dell’eleganza. Saggi in onore di Maria Teresa Orsi, Roma, Aracne, 2013, pagg. 593-611

Aldo Tollini nel testo proposto (pp. 593-611), qui riprodotto all'interno del volume I dieci colori dell'eleganza,  affronta il tema della trasmissione del  buddhismo cinese  Chán in Giappone per come fu attuata da Dōgen che, famosa per essere molto sofisticata, ricca di espedienti retorici e di stratagemmi linguistici, aveva la finalità di stimolare il lettore ad andare oltre la logica e il senso comune per giungere all’insight. Poiché l'intero mondo, l'uomo, i fenomeni, e quindi tutto ciò di cui facciamo esperienza è illuminazione, anche la lingua per Dōgen, così come per altri maestri buddhisti, è nella dimensione dell'illuminazione, ne è una sua espressione.

 

La questione della lingua per esprimere le profonde verità del buddhismo è antica. La troviamo già presente, trattata con grande attenzione in India in particolare da maestri come Nāgārjuna, che si interessò anche della capacità della lingua di trasmettere la verità ultima, per sua natura ineffabile, affrontando anche argomenti di tipo teorico. Egli tratta il tema diffusamente sostenendo che il linguaggio presuppone una discriminazione dicotomica (vikalpa) che allontana dalla comprensione della realtà così com’è (tathātā). Di qui la sfiducia che la lingua degli uomini possa adeguatamente esprimere la verità ultima, ovvero, la realtà così com’è. Questo atteggiamento si radicò profondamente nella tradizione buddhista sia indiana, sia cinese, e nei secoli andò sempre più consolidandosi.

 

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