Demetrio Giordani ha compiuto numerosi studi su Ahmad Sirhindī, uno dei maggiori esponenti del sufismo indiano del XVII, che mantenne sempre una posizione prevalentemente contraria alle influenze dell'induismo sulle teorie e sulle pratiche sufi. Due degli articoli di Giordani, in particolare, presentano in traduzione lettere di Ahmad Sirhindī. Consentono di conoscere più da vicino il pensiero del rappresentante dell'ordine della Naqšbandiyya, che ha influenzato fino a oggi l'evolversi del dibattito tra confraternite indiane.
La figura di Ahmad Sirhindī è strettamente legata alla straordinaria diffusione della Naqšbandiyya, ordine sūfī di origine centro-asiatica, di cui egli assunse la direzione in India a partire dei primi anni del XVII secolo, e che da allora divenne, proprio grazie alla sua opera di rinnovamento, l’ordine che in vario modo tentò di riaffermare, in tutto mondo arabo-islamico, il rispetto dell’ortodossia e la centralità della figura del Profeta. L’ordine fu diffuso inizialmente in Asia Centrale, da Hwājah Bahā’ud-Dīn Naqšband (1317-1389) nativo di Bukhara, da cui successivamente prese il nome. Prima di lui l’ordine dei Naqšbandī fu guidato da altre importanti figure, come Hwājah Yūsuf Hamadānī (1048-1140), poi da ‘Abdul Hāliq Ġujduwānī (m. 1179) che istituì alcune fondamentali regole rituali. Costoro costituirono, insieme ad altri, la prima linea spirituale dell’ordine, chiamata silsila-yi hwajaġān, la “catena dei venerabili maestri”.
Continua a leggere Lettere da un maestro sufi su iris.unimore.it...