Le riflessioni di Aldo Tollini, nel testo a cui si rimanda si concentrano su un particolare aspetto della lingua di Dōgen attraverso l'analisi di alcuni passi dell'opera considerata la maggiore del Maestro Zen Sōtō, lo Shōbōgenzō. La tecnica espressiva usata sovente da Dōgen nega concetti opposti, ovvero ne confuta sia l'esistenza, sia al tempo stesso l'assenza, per spingere chi lo ascolta o lo legge ad andare oltre al pensiero concettuale. Così intende indurre a cogliere la complessità dei fenomeni per permettere di superare la strettoia della semplificazione, utile ai fini pratici, senza dubbio, ma incapace di comprendere la complessità della realtà.
In questo saggio intendo riflettere sull’uso di espressioni linguistiche negative (e di conseguenza anche affermative) nel pensiero di uno dei massimi esponenti dello Zen giapponese, Dōgen zenji.Sia nella sua opera maggiore, lo Shōbōgenzō (Il Tesoro dell’Occhio della Vera Legge), ma anche in altre, Dōgen, attenendosi alla tradizione, fa largo uso delle forme di pensiero negative che rivestono una particolare importanza nell’ambito del suo pensiero e del suo insegnamento, infatti, il “pensiero negativo” di Dōgen riflette la sua visione della realtà considerata secondo il principio buddhista dell’assenza di un “io” e dell’illusorietà.
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